SQUADRE B IN SERIE C: I PRO E I CONTRO DI UN SISTEMA CHE VA AVANTI A PRESTITI

Siciliano classe ‘90, non ho mai visto un match di Serie A dal vivo. Preferisco le favole di provincia, ovviamente in Serie C
15.03.2018 00:00 di  Sebastian Donzella  Twitter:    vedi letture
SQUADRE B IN SERIE C: I PRO E I CONTRO DI UN SISTEMA CHE VA AVANTI A PRESTITI
© foto di TC

330. È il numero dei calciatori attualmente in Serie C in prestito da squadre di serie superiori. Praticamente 14 rose intere da 24 giocatori l'una, con una percentuale ampiamente maggioritaria di giovani. Quasi un girone, insomma, potrebbe essere composto da giocatori di A e B. Una media di sei per ognuno dei 57 team attualmente in Lega Pro. Numeri che variano da Nord a Sud: se nel Girone A il Prato è a quota 13 (ma i lanieri a livello giovanili inviano tantissimi ragazzi ai settori giovanili di prima fascia), con Viterbese e Pro Piacenza a nove e metà raggruppamento sopra quota sette, nel Girone C non va nessuno oltre agli otto di Paganese e Trapani (con la metà di quest'ultimi comunque non più in età di minutaggio). A proposito di nessuno, solo la Sambenedettese, al momento, è a quota zero. Numeri snocciolati non proprio a caso ma interessanti per comprendere quella che potrebbe essere la rivoluzione delle seconde squadre in terza serie.

Usiamo il condizionale perché in questi anni ne abbiamo viste tante, forse troppe, di proposte, idee, intenzioni e progetti di riforma mai portati a termine. E questa, al momento, è una di quelle: nonostante il beneplacito di Assocalciatori e governance varie, l'accordo ancora non si è trovato. Forse anche perché, e questo è bene tenerlo a mente, non tutte le società di Serie C sono d'accordo su questa introduzione.

In primis perché, economicamente, il prestito conviene tantissimo: in larga parte i giovani arrivati da club professionistici di più alto rango sono un risparmio per le malridotte casse dei team di terza serie: lo stipendio viene pagato dalla casa madre (e parliamo, nella più semplice delle ipotesi, di circa 25mila euro a cranio risparmiati) e i calciatori valorizzati, oltre a vari premi opzionali legati al raggiungimento di un certo numero di presenze, concorrono a far minutaggio.
In pratica, se sono bravo e ho fortuna, io squadra di Lega Pro prendo a titolo temporaneo un 19enne dalla Serie A, lo faccio giocare per tutto il campionato e, a fine stagione, oltre a non avergli pagato un euro di stipendio mi ritrovo anche a poter conteggiare quel calciatore all'interno del minutaggio che incide, complessivamente, per le più virtuose, in circa 300-400mila euro annuali a squadra, anche se le somme variano di stagione in stagione in base alle risorse disponibili e al numero di giovani impiegati.
Poi, ovviamente, non è sempre così: ci sono numerosi casi in cui i calciatori arrivati in prestito sono esperti e con decine di campionati alle spalle oppure troviamo giovani di altissimo valore strappati con la promessa del pagamento di parte o di tutto lo stipendio da parte delle società di C.

Lapalissiano, comunque, che l'introduzione delle "squadre B" toglierebbe tantissimi giovani da questo circuito di prestiti, con la conseguenza che, ai team di terza serie verrebbero a mancare una parte di introiti in alcuni casi necessari per arrivare a fine anno. Inoltre, la possibilità di bloccare i ripescaggi e di offrire i 6-7 possibili slot mancanti alle società di Serie A [LEGGI QUI] ha fatto suonare il campanello d'allarme in tanti club invischiati nella lotta per non retrocedere. Anche perché in diversi, secondo rumors sempre più frequenti, avrebbero già iniziato da tempo a pensare al paracadute del ripescaggio in caso di retrocessione in Serie D. Cosa che, così, diverrebbe impossibile. Certo, la possibilità di mettere all'asta i posti delle seconde squadre potrebbe portare introiti molto interessanti che coprirebbero, in parte o del tutto, le eventuali mancanze di cassa dovute all'introduzione della riforma. 

C'è poi un terzo aspetto che osta con la riforma: quello sentimentale, con diverse città che sparirebbero dall'orbita professionistica mettendo da parte il tanto decantato slogan del "campionato dei campanili". È pur vero, però, che l'identità di un club difficilmente si forma con tantissimi calciatori che cambiano casacca ogni sessione di mercato. Un discorso, quest'ultimo, alimentato anche dai tanti trasferimenti temporanei di calciatori che vanno e vengono senza limite di sosta.

Bisogna infine capire, e questo aspetto colpevolmente è stato poco o nulla analizzato finora, cosa significa crescere per un giovane: andare lontano da casa a farsi le ossa in campi difficili, con strutture non proprio di prim'ordine e senza conoscere praticamente nessuno oppure rimanere all'interno di un contesto ben conosciuto, in un'organizzazione di serie superiore, con compagni di una vita? In un caso o nell'altro, c'è chi può esaltarsi e chi, al contrario, perdersi. Perché a furia di pensare solo col pallottoliere, si perde di vista che stiamo pur sempre parlando di ragazzi, più o meno capaci, che vorrebbero giocarsi al meglio le proprie chances per diventare dei veri professionisti.