ESCLUSIVA TLP - Leo Acori: "Vi racconto i miei venti anni da allenatore: da Handanovic al Rimini passando per lo scandalo scommesse"

ESCLUSIVA TLP - Leo Acori: "Vi racconto i miei venti anni da allenatore: da Handanovic al Rimini passando per lo scandalo scommesse"TMW/TuttoC.com
Leo Acori
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domenica 26 maggio 2013, 12:00Interviste TC
di Daniele MOSCONI

Se dici Leo Acori ad un tifoso del Rimini a quest'ultimo subito brilleranno gli occhi e il riflesso del ricordo dei campionati vissuti con il tecnico umbro in panchina, quando a Rimini si sognava una realtà che sembrava a portata di mano.
Fate lo stesso con Acori e otterrete identico effetto, ma moltiplicato per l'affetto che questo signore di 58 anni prova per la città biancorossa. Sei anni di vita in Romagna, nella città famosa dei "Vitelloni" non si dimenticano facilmente e il duro mestiere di chi fa sport in generale è convivere con i ricordi, cercando di non rimanerne travolto.

La vita va avanti, altre società ti chiamano per lavorare: una volta a nord e un'altra a sud accettando il ruolo che ti sei scelto, ma la nostalgia per un luogo dove sei stato adottato come un figlio di quella terra nonostante sei nato a tanti chilometri di distanza (Bastia Umbra), quella non passa mai. Ti entra nel cuore e per quanto vuoi nasconderlo, un pezzo di anima ci pensa sempre.

Acori nella sua carriera più che ventennale ha sempre lavorato e ottenenuto risultati soddisfacenti (tra cui uno scudetto dilettanti con la Sangiovannese) compresa la sua ultima esperienza al San Marino, con i play off persi solo nelle ultime giornate, dopo essere subentrato a Mario Petrone.
Ma l'apice, l'Everest l'ha toccato in quei sei anni a Rimini (dal 2002 al 2008), partendo dalla C2 arrivando in B e stabilendo il record di punti nella cadetteria nella storia del club biancorosso: 69 (stagione 2007/08).

Tra molti sorrisi anche degli schizzi di fango gli sono arrivati addosso: lo scandalo del "calcioscommesse" piovuto sul finire della stagione 2010/11 è stato un ciclone che ancora oggi produce i suoi effetti sul calcio italiano ed in questa intervista esclusiva a cuore aperto per TuttoLegaPro.com, Leo Acori non ha nulla da nascondere e si sottopone al fuoco di fila delle nostre domande. Essere sotto i riflettori impone anche degli oneri e uno di questi è quello di esprimere la propria idea.

Mister, abbiamo letto che lei quando era più giovane ha fatto l'impiegato di banca.

"Aspetta, voglio spiegare. Come hai detto bene, quando ero più giovane ho giocato con la squadra del Banco di Roma e chi giocava con questa squadra, poi finiva come impiegato di banca. Abbiamo fatto anche la C2. Io poi diedi le dimissioni nel momento in cui andai ad allenare a L'Aquila".

Nella sua carriera, abbiamo notato una curiosa particolarità: lei ha allenato dalla 1^ Categoria fino alla B.

"E voglio farti notare che io ovunque ho lavorato ho sempre ottenuto delle vittorie. Certo, non si vince da soli e con il contributo della squadra e della società, i risultati arrivano se sai fare bene il tuo mestiere. Mi manca la serie A, ma conto di arrivarci prima o poi".

Arriviamo al 2002, quando lei approda a Rimini. Se lo aspettava di scrivere una pagina importante della storia di questa società?

"A dire il vero questa città mi ha sempre intrigato e la società mi trasmetteva ottime sensazioni, con collettivi costruiti ogni stagione con giocatori importanti. Quando sono arrivato finimmo nel girone della Fiorentina - allora si chiamava Florentia Viola (dopo il fallimento della società gigliata) - andammo a Firenze e mi presi un bel rischio. Feci fuori due tre senatori del gruppo prima di quella partita. Ho sempre lavorato per il bene di ogni società e quella scelta mi poteva costare molto caro. Vincemmo 2-1 (doppietta di Di Nicola e per i toscani Turchetta) e sapevo benissimo che se avessimo perso, io sarei stato esonerato".

In sei stagioni lei ha fatto innamorare una città della propria squadra. Mica facile...

"Hai perfettamente ragione. In questi sei anni ho avuto modo di conoscere appieno la città e devo dirti che Rimini va coccolata in un certo modo e i risultati sono alla base di tutto. Il tifoso riminese ha molti modi per potersi svagare, essendo questa una città godereccia. Invece noi con un calcio ben giocato, abbiamo avvicinato tantissima gente allo stadio e in B siamo riusciti a fare più di cinquemila abbonati. E stiamo parlando di una realtà che questi numeri raramente, se non mai, li ha avuti. Sono orgoglioso di ciò che ho fatto".

Ricordiamo che lei in quel Rimini ha avuto giocatori importanti. Facciamo qualche nome a caso: Floccari, attualmente alla Lazio e Handanovic che adesso si trova in porta nell'Inter.

"Non dimentichiamo Muslimovic, che era stato scartato dal Padova. Su questo giocatore non avevo delle ottime referenze. Con il ragazzo feci un discorso molto chiaro: tu con me devi allenarti ogni giorno, sul resto possiamo metterci d'accordo. Con me è esploso e ha dimostrato tutto il suo valore".

Mentre su Handanovic lei ci spiegava un gustoso retroscena.

"Si, ricordo che quando ho puntato su di lui, in molti hanno storto il naso. Alcuni mi hanno detto: ma come, vuoi vincere il campionato e punti su un giocatore che in quelle poche occasioni non ha mai dimostrato nulla per dare sicurezza alla squadra. Io a questi ho risposto, dicendo che quello visto era per me un portiere che poteva darci molto. E fortunatamente ho avuto ragione. Alla fine, grazie al contributo della società potevo schierare Ricchiuti, Floccari e Muslimovic, senza dimenticare Emilio Docente che ha dato il suo contributo".

Lei ha avuto anche Alessandro Matri.

"Si, veniva dal Lumezzane e in quell'anno in cui è stato con noi a Rimini, dava già l'impressione di essere una spanna sopra gli altri".

Voi avete vinto un campionato contro squadre di caratura.

"Vero! Quell'anno c'erano Napoli, Sambenedettese di Bogliacino, Avellino, Reggiana. Non so se rendo l'idea in che girone eravamo. Eppure siamo arrivati primi".

Quel Rimini-Juventus, prima giornata del campionato di serie B 2007/08 terminata 1-1, se lo ricorda ancora?

"Certamente! Abbiamo pareggiato in dieci contro uno squadrone. Per loro è andato a segno Paro, mentre noi abbiamo pareggiato con Ricchiuti. Fu una giornata emozionante".

A quel Rimini che lei ha diretto cosa è mancato per il salto in serie A?

"Voglio ricordare che, caso più unico che raro, con 69 punti non abbiamo disputato i play off. Mettiamoci alcune decisioni arbitrali che ci impedirono di disputare gli spareggi promozione".

Lei ha allenato ovunque, ma la serie A ancora stenta ad arrivare.

"E non ho ancora perso la speranza se proprio vogliamo dirla tutta".

A dire il vero lei era ad un passo dal sogno della sua vita. Dopo l'esperienza a Rimini lei passa al Livorno e alla vigilia dell'ultima giornata di campionato fu licenziato con la squadra che era sicura di disputare i play off.

"Tutto giusto. A Livorno credo di aver fatto un lavoro straordinario e i risultati erano lì a dimostrarlo. Avevo una rosa fortissima: Tavano, Fausto Rossini e Diamanti. Anche qui ho fatto una scelta importante: fuori Galante e Grandoni e facevo giocare i giovani Perticone e Terranova. Il presidente (Aldo Spinelli) ha un carattere particolare e devi stare al passo con i suoi modi, nonostante ciò il nostro era un rapporto franco e leale e ancora adesso penso di aver lasciato in quella città un ottimo ricordo. Come dicevo, ho avuto una discussione con il presidente dopo la sconfitta interna contro l'Albinoleffe. Avendo acquisito la possibilità di disputare i play off, ho deciso di lasciare metà squadra a rifiatare, facendo giocare le seconde linee e questo non è piaciuto molto al nostro patron e dopo un diverbio sul tema, mi ha licenziato".

Diamanti giocatore straordinario.

"Ed è divenuto ancora più forte dopo essersi sposato. Quando era a Livorno con me pagava un po la sua intermittenza, ma i numeri che faceva quando aveva il pallone tra i piedi erano d'alta scuola. Può ancora migliorare tanto, ne sono convinto".

Livorno piazza particolare.

"Si, molto, ma allo stesso tempo molto passionale. Io ho avuto anche da ridire con la tifoseria, specie dopo la sconfitta in un derby contro il Pisa. Arrivati in città ci attendevano per contestarci ed io sono sceso dal pullman per parlare con loro senza timori reverenziali, cercando di spiegare il mio punto di vista".

L'esperienza a Benevento è stata travagliata.

"Benevento è una città che ama il calcio, ma non sa aspettare. Nel calcio è fondamentale costruire e dare il tempo di creare qualcosa. Se si vuole tutto e subito, non si va molto lontano. Credo che Benevento abbia tutto per puntare alla serie B, ma ci vuole pazienza e nel calcio ce n'è poca".

Dopo l'esperienza in Campania, arriva la Cremonese. Stagione anche qui difficile, con l'aggiunta del ciclone "scommesse" scoppiato proprio con due tesserati di quella squadra: Gervasoni e Paoloni.

"A Cremona è rimasto il rammarico per un progetto societario che aveva tutti i crismi per essere il massimo che si potesse chiedere. Il commendator Arvedi è persona stimabile e sta facendo il massimo per ridare prestigio ad una piazza affamata di calcio. Purtroppo - spiace dirlo - ho avuto in rosa dei giocatori che si vendevano le partite e questo è un brutto male non solo per il calcio, ma anche per chi ha compiuto queste cose. E' avvilente vedere come ci si può rovinare in questo modo, mettendo a repentaglio il lavoro di mesi e mesi. Nella vita, ed il calcio per quanto possa sembrare un'astrazione, bisogna avere l'umiltà e la dignità di ammettere di aver sbagliato. Alle volte mi chiedo come si possa arrivare a tanto e continuare a guardare in faccia le persone più care, come se nulla stesse accadendo".

Pensa che lo scandalo del "calcioscommesse" sia servito a qualcosa oppure non è cambiato nulla?

"Io credo che molto spesso i giocatori non vivano la realtà che c'è al di fuori del mondo del calcio, vivendo sopra una nuvola che li estranea completamente dalla vita di tutti i giorni. Noi allenatori dovremmo cominciare ad educare i giocatori anche su questo aspetto, perchè chiusa la carriera da calciatori, i guasti si vedranno dopo, quando si spegneranno le luci dei riflettori. Se sia servito? Lo spero".

Lei è uomo di sport e questa domanda dobbiamo porla, visto che sembra scomparsa dalle luci della ribalta: il calcio è scomparso dalle farmacie (vedi querelle Zeman-Juventus) oppure c'è ancora questo rischio?

"Non penso ci sia più questo pericolo. Il calcio ha assunto una preparazione a livello scientifico che è difficile che possa avvenire ancora una cosa simile. Gli integratori alimentari ci sono sempre stati, ma ormai il problema sembra solo un brutto ricordo".

Nel calcio il risultato è sempre il "dominus assoluto"?

"Mi fa piacere che mi venga posta questa domanda. Con l'esperienza ventennale maturata sul campo sono arrivato alla conclusione che il lavoro di un allenatore vada visto sotto molti aspetti. Dalla crescita e dai risultati stessi di una squadra, a come migliorano i giocatori sotto la sua guida. Sono tutti tasselli di un puzzle che non è facile costruire, ma per farlo ci vuole il coraggio e la pazienza - virtù poco conosciuta negli ultimi anni nel mondo del calcio - di aspettare che i frutti maturino".

Leo Acori cosa farà la prossima stagione? Rimane a San Marino o la vedremo su altri lidi?

"A San Marino in 27 partite penso di aver fatto un ottimo lavoro, lanciando parecchi giovani. Fammi dire questa cosa: Capellini, Migani, Coda, Doumbia, Ferrero, Crivello Pelagatti. Tutti giocatori dal '90 in giù che sono esplosi sotto la mia guida. Non capisco perchè qualcuno dica che il sottoscritto non sappia lavorare con i giovani. Cosa farà Leo Acori? Se rimane Pietrelli sono molto felice di restare".

Altrimenti c'è qualche club di B pronto a prenderla. Gira questa voce.

"Ma no! C'è stata qualche chiacchierata ma nulla di più. E' ancora presto per dire faccio questo o quello".

Ci vorrebbe una società che punti alla A.

"Eh non sarebbe male! Dopo tutta la gavetta fatta, penso che una serie A me la meriti anche io. E se avviene che si avvera il mio sogno, ne faccio un libro e anche di parecchie pagine. Ne ho di cose da raccontare".