ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente : Simone Motta

Cosa lega in modo particolare Simone Motta alla città di Teramo? Non solo la stagione 2002/03, la prima in un campionato professionistico importante come la C1 per lui, ma ce ne sono anche altri. Ad esempio il padre negli anni '80 ha giocato con i diavoli biancorossi e il fratello minore è nato proprio in terra aprutina.
Eppure Teramo - anche solo per un campionato - nel cuore di Simone non è passata inosservata. Così nel corso dell'intervista esclusiva per "Mi ritorni in mente" la rubrica che TuttoLegaPro.com dedica al passato, il ricordo dell'ormai ex calciatore (si divide tra Virtus Como in Eccellenza lombarda e la Juniores della stessa società) per il vecchio "Comunale" è ancora vivo. Anzi, Simone nel parlare del Teramo e della possibilità di salire in B si lascia andare ad una riflessione: "Se questa squadra che sta per coronare il sogno di una città nel salire in B, giocasse al "Comunale", credo che sentirebbe maggiormente il dodicesimo uomo in campo".
Per i tifosi dei diavoli uno come Simone Motta è un simbolo di esaltazione sportiva: 23 gol in 31 partite (anche se lui lo rettifica, ndr) e quelle reti non sono scomparse ancora del tutto dai pensieri di chi ama il Teramo.
Quando lo chiamiamo è subito disponibile e gli auricolari lo aiutano a dedicarci il suo tempo nel tragitto che lo porta a casa e ritornare a indossare gli scarpini del calciatore che è stato. Non solo Teramo, anche Novara, con il ricordo di Attilio Tesser, allenatore che ha saputo tirare fuori il meglio e di cui Simone ne conserva un ottimo ricordo.
C'è un pizzico di rammarico in Motta proprio nel non aver mai raggiunto la vetta del calcio che conta con la serie A, anche conquistata sul campo con i piemontesi nel 2010/11, ma le scelte della società furono diverse e Motta andò alla Triestina.
Simone, benvenuto all'82° appuntamento con "Mi ritorni in mente".
"Grazie a voi per avermi invitato".
In una stagione a Teramo sei riuscito a fare 23 gol in 31 partite.
"C'erano anche le partite di Coppa Italia e il conteggio va aggiornato: 25 gol in 35 gare ufficiali".
In quella stagione hai giocato in coppia con Simone Pepe
"Ad inizio campionato non giocavamo insieme. Lui veniva dalle giovanili della Roma e solo da metà stagione abbiamo iniziato a giocare insieme".
Pepe è arrivato dove sappiamo e a te cosa è mancato per arrivare al top?
"Devo ammettere che la cosidetta maturità calcistica l'ho raggiunta un po troppo tardi e questo ha influito sulla mia carriera. E' mancato anche la fortuna perché a 23 anni ero ancora in serie D. Secondo me è mancato anche il fatto che sono uscito dal settore giovanile dell'Udinese nel periodo in cui la società bianconera iniziava la sua politica degli stranieri a basso costo pescati ovunque, mettendo da parte il prodotto fatto in casa. Se andiamo a vedere negli ultimi venti anni di giovani usciti dal settore giovanile dei friulani ne sono venuti fuori in pochi".
Si parlava un gran bene di Scuffet che ora sembra essersi un po' perso.
"Non lo conosco personalmente. Ho visto le sue partite giocate in A. Quest'anno l'Udinese ha puntato su un altro portiere e questo ha influito sul processo di maturazione di un ragazzo che comunque - non dimentichiamolo - è poco più che maggiorenne. Inoltre quello del portiere è un ruolo delicato che ha bisogno di attenzioni particolari".
Attualmente ancora giochi, nella Virtus Como in Eccellenza lombarda.
"Si, mi diverto ancora e da qualche settimana ho iniziato a fare l'allenatore della Juniores".
Hai appeso gli scarpini al chiodo?
"Ancora no. Al momento mi divido nei due ruoli".
La domanda nasce spontanea: più facile allenare o allenarsi?
"Sicuramente sono due mondi diversi. Se da giocatore le tue responsabilità ad un certo punto terminano, da allenatore sei in un cerchio che non si chiude mai. Devi entrare in un'ottica di pensieri più largo e cercare di infondere il tuo essere allenatore. Sono ancora agli inizi e la difficoltà maggiore che sto trovando è quella di far comprendere la tua idea di calcio. E' una sfida stimolante, avendo ogni giorno a che fare con delle dinamiche diverse".
Nel 2015 cosa non ti piace del calcio italiano?
"Devo fare un elenco molto lungo. Sono arrivato ad un'età in cui dovrei smettere di giocare, ma per fortuna ancora mi diverto. Devo dire che in serie A ci sono più stranieri che italiani, in serie C ci sono delle regole che dovrebbero favorire i giovani e secondo me fanno solo del male ai giovani stessi. Il caso Parma è la punta dell'iceberg. Ci sono tanti piccoli casi Parma in Lega Pro e D che non hanno ricevuto la grancassa mediatica e molti club muiono nel silenzio generale. Se a Parma in molti hanno ingaggi che non gli danno particolari problemi, ci sono realtà dove il calciatore ha soltanto quell'entrata e quando gli viene a mancare anche quella, tutto si fa difficile. Voglio pensare che il caso del Parma, avendo toccato un club di serie A possa portare a delle soluzioni".
Hai vissuto una situazione simile a Trieste nel 2011/12.
"Esatto e ti posso dire che sono stati in pochi ad interessarsi alla nostra situazione".
Per fortuna a Teramo sotto questo aspetto non hanno problemi. La sconfitta di Prato dopo 24 risultati utili di fila può essere solo una piccola frenata, oppure come si dice nel tennis, è il braccino che prende davanti al match point?
"Può essere quest'ultima osservazione. Davanti al traguardo vedi le cose ingigantirsi e ti fai più piccolo. Si ha anche un po' di paura, ma credo che la promozione da raggiungere in casa sia uno stimolo in più per raggiungere l'obiettivo".
Nello sport spesso si dà un valore più importante alla sconfitta rispetto a cento vittorie.
"Credo che un successo per quanto importante, se da una parte aiuta l'autostima, dall'altra fa scendere il livello di attenzione in maniera inconscia. E se da una vittoria tu cogli l'aspetto motivazionale, dalla sconfitta trai i motivi per migliorare l'errore che ti ha portato ad essa. Se una vittoria non la analizzi in maniera approfondita, questo non avviene se perdi".
Nel calcio italiano, soprattutto i tifosi, hanno perso di vista il loro ruolo e si è aperta una piaga molto pericolosa come quella del chiamare la squadra a raccolta sotto la curva per essere contestata.
"La cosa non nasce oggi. Adesso il problema si sta ingigantendo. E' successo già qualche anno fa e nelle categorie inferiori come detto prima per il caso Parma, non ci sono i riflettori che potrebbero debellare in parte il problema. A me è successo due, tre volte nella mia carriera. Il problema come per evitare i fallimenti di parecchi club, andrebbe affrontato con delle regole. Nel caso specifico non so se irrigidire le cose possa essere un bene. Mi sono piaciute molto le parole del presidente della Roma, James Pallotta. Sono pensieri di una persona che viene da una cultura diversa e cerca di aprire una finestra per dare al nostro calcio un'idea diversa"
Rimaniamo in tema: il Presidente dell'Aic Damiano Tommasi ha paventato l'idea di squalificare i calciatori che vanno sotto le curve.
"Si potrebbe anche pensare così, per dare l'esempio. Però io mi metto nei panni di un calciatore, come quelli della Nocerina nel derby contro la Salernitana (novembre 2013, ndr). Se non avessero fatto quello che hanno fatto, durante la settimana chi li avrebbe protetti? E' facile parlare di squalifiche - può essere un deterrente non lo nego -, però ci sono piazze, soprattutto in categorie inferiori, dove le cose possono sfuggirti di mano. Non sto giustificando i tesserati della Nocerina, però sono stati messi in una condizione in cui o fai così oppure ne va della tua incolumità. Anche il fatto stesso di penalizzare la Roma chiudendo la curva sud, non è una soluzione".
Parliamo di Teramo.
"Ho un ricordo importante di questa piazza. E' stato il mio primo campionato importante e alla prima occasione mi trovo ad essere capocannoniere. C'era un seguito diverso alle città in cui avevo giocato prima con i tifosi che ti seguivano anche in trasferta. Con Teramo c'è un legame particolare: mio padre ha giocato negli anni '80 con i biancorossi e mio fratello è nato a Teramo. Sembrava quasi tutto segnato quando sono arrivato lì".
Per chi non ti conosce, che attaccante sei stato?
"Ero principalmente una seconda punta. Ho anche giocato come numero nove, anche se negli ultimi anni ho spostato il mio raggio d'azione qualche metro più indietro. Complessivamente amavo e amo ancora oggi giocare per la squadra".
Degli allenatori che hai avuto, quale ti ha forgiato particolarmente?
"Sicuramente Attilio Tesser a Novara, l'ho avuto per quattro anni e ad inizio carriera nelle giovanili dell'Udinese".
Sotto quale aspetto ti ha migliorato?
"Lui mi ha avuto nella Primavera dell'Udinese, quindi si può dire che mi ha visto crescere e sapeva dove poter toccarmi emotivamente e tecnicamente per farmi crescere. Un altro che non dimentico facimente è Pierpaolo Bisoli a Cesena: mi ha insegnato il giocare con la squadra per vincere qualcosa. Con lui a 32 anni ho vinto il mio primo campionato dalla C alla B (stagione 2008/09, ndr)".
Un saluto ai tifosi del Teramo
"Mi auguro di vederli in tv il sabato pomeriggio, vorrà dire che hanno raggiunto la serie B. Ci sono le basi per creare un ciclo importante e se le cose vengono fatte bene non bisogna mai porsi limiti. La cosa più importante è stabilizzarsi. Credo che il nuovo impianto sportivo per quanto sia bello perda un pochino del fascino che aveva il vecchio Comunale dove ho avuto la fortuna di giocare e ti dava quella carica di cui hanno bisogno adesso i giocatori per avverare il sogno della città di Teramo".
Prossima intervista per "Mi ritorni in mente": 10 maggio 2015
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 7/2017 del 29/11/2017
Partita IVA 01488100510 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore Responsabile: Ivan Cardia
© 2025 tuttoc.com - Tutti i diritti riservati