INTERVISTA TC - Sembroni: "Io, un ex Serie C ai New York Cosmos"

A sei ore indietro di orologio da noi c’è tutto un altro mondo. Un altro modo di pensare, agire e vivere. Così il calcio, così la vita. A sei ore indietro di orologio da noi c’è New York, la città delle opportunità. Una galassia a parte in cui ognuno può trovare il suo pianeta. Anche un ex calciatore di Serie C che un bel giorno ha deciso di fare le valigie, seguire le proprie ambizioni e tuffarsi nell’avventura a stelle e strisce. “Tutto nasce dalla proposta di trasferimento per lavoro di mia moglie, americana, da Roma a New York. A quel punto ci siamo detti «che vogliamo fare?» e abbiamo preso la scelta di venire negli USA. Per lei un ritorno a casa dopo anni, per me un’esperienza nuova - racconta a TuttoC.com il difensore Emmanuele Sembroni, ex tra le altre di Pescara e Salernitana -. Al mio arrivo in testa avevo già il dopo calcio: abbiamo un’attività a Roma, una pizzeria in Pennsylvania e qui sto costruendo il mio business sull’alimentazione nello sport”. Le cose però prendono una piega diversa e l’ex Aprilia e Pergolettese si ritrova catapultato nel calcio americano. “Stavo giocando in Cosmopolitan League, una lega non professionistica che vede impegnati calciatori svincolati che vogliono tenersi in forma, e sono stato notato da Joe Barone, l’attuale direttore generale della Fiorentina. Mi ha invitato a un torneo invernale per conoscermi, dopodiché mi ha chiesto se volessi giocare con i New York Cosmos. Vivevo a Philadelphia, ma non ci ho pensato due volte ad accettare la proposta e unirmi a loro”.
Un occhio alla sua ex categoria lo dà comunque?
“Sinceramente no. Per quanto mi piaccia il calcio italiano, ho proprio voltato pagina. Ho giocato dalla B alla D, sfiorando la Serie A con la Sampdoria, e ne conservo ricordi bellissimi. Mentalmente sono un calciatore un po' atipico, ero già pronto al dopo calcio. La vita qui è molto impegnativa, a New York le giornate finiscono in un lampo”.
Un po' di nostalgia dell’Italia c’è?
“Certo, è il mio Paese. Sono sempre grato alla mia famiglia e alla mia città, Roma. Però in Italia ci sarebbero volute tre vite per fare quello che negli Stati Uniti ho fatto in un anno e mezzo. Mi mancano i lati positivi dell’Italia, per il resto sto bene qua”.
Qui in Serie C si ripartirà da playoff e playout. I Cosmos di Rocco Commisso invece?
“A breve inizieremo con i test medici e la preparazione per il campionato, la ripartenza per noi è fissata all’8 agosto. Giocheremo la stagione regolare, ovviamente a porte chiuse. In NISA (National Independent Soccer Association, ndr) viaggeremo, ma siamo divisi in eastern e western conference. I playoff saranno in campo neutro, a fine ottobre in Arizona”.
Cosa può imparare il calcio italiano da quello americano?
“Organizzazione, strutture ed efficienza. C’è una filosofia diversa, basta guardare l’approccio alla Fiorentina di Joe Barone e Rocco Commisso. A fine partita, indipendentemente dal risultato, i tifosi ti aspettano fuori dallo stadio per foto e autografi, mentre in Italia dopo le sconfitte le cose sono un po' diverse…”.
Sicuramente a livello di infrastrutture avrà notato delle importanti differenze. È anche questo il limite della C?
“Quello che manca alla Serie C sono i fondi. Se si hanno potenzialità economiche, si ha un modo di fare diverso rispetto agli altri. Capita spesso che i calciatori si trovino senza stipendio per mesi, perciò se un presidente non ha la possibilità economica è meglio che si tenga fuori da questo mondo. È questa la rovina della Serie C. Ho avuto la fortuna di giocare in terza serie col Pescara, ma il primo anno in Abruzzo è stato un disastro. Non abbiamo preso lo stipendio per diverso tempo e vivevamo in diciassette in albergo solo perché hanno fatto il favore di tenerci. Poi con l’arrivo di De Cecco e Sebastiani la situazione si è capovolta ed eravamo all’avanguardia in tutto”.
Un altro tema importante è la diffusione del proprio brand. In Serie C per molti club e inesistente o quasi, mentre negli USA la situazione è totalmente diversa.
“Esattamente, è una cosa molto importante. Il marketing americano è pazzesco, fa sembrare anche le cose più piccole molto grandi. Promuovere una società di calcio può sembrare semplice ma non lo è. Senza un marketing plan non c’è crescita, è fondamentale averlo. Tony Iafrate al Miami Beach ha fatto un lavoro pazzesco, e si tratta di una società giovane che gioca nei dilettanti. Con dedizione e giuste scelte sta portando il club a una crescita esponenziale, tanto da attirare giocatori come Paolo De Ceglie”.
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