Pisa-Livorno, gli ostacoli del cuore. E del derby

Il calcio non è una cosa da niente, il calcio è una cosa seria. Non è un semplice sport.
Il calcio nella cultura italiana è ormai tradizione radicata, da quando si è bambini fino a quando si invecchia, da quando una piccola bandiera diventa poi uno striscione da tenere orgogliosamente tra le mani, da quando un coro diventa il lietmotiv di una vita: quei 90' che esulano dalla realtà, che ti portano in un mondo magico, di gioie e dolori, di odore di erba bagnata e fumogeni accesi. Gradoni di uno stadio che ti vedono crescere e cambiare, con una sola fede nel cuore.
O almeno, fino a qualche anno fa il calcio era questo. Poi sono arrivate le restrizioni, le tessere del tifosi, le supporters card, le pay tv, i mille divieti, e dagli stadi le persone le hanno volute far allontanare, anche se molti stoici hanno resistito portando avanti l'idea di calcio vero.
Quello che si dovrebbe respirare soprattutto nei derby, che sono ancor di più gare a sè, e che stanno provando a togliere a uno dei derby per eccellenza, quello tra Pisa e Livorno, che si giocherà domenica 26 novembre all' "Arena Garibaldi". Ma già tra mille polemiche, dovute alle misure di sicurezza da adottare e alla capienza dell'impianto pisano: al momento la sua capienza attuale è di 8600 posti, 400 dei quali saranno riservati alla tifoseria ospite, ma solo a quella in possesso della tessera del tifoso. Prima assurdità, che si aggiunge a quella dell'esiguo numero di posti che non soddisfa affatto la richiesta, per un match che richiama numeri ben maggiori. Ufficialità non ne sono ancora arrivate, e ogni decisione spetterà all'Osservatorio, ma dopo la riunione odierna sembra che la capienza dello stadio non verrà aumentata, al massimo verrà disposta una diretta tv.
Come se guardare il derby alla tv fosse la stessa cosa del viverlo allo stadio: l'assurdità più grande di tutte.
Come assurdo è il non riuscire a trovare un cavillo - in deroga - per far emozione quelle 15000 persone che magari vorrebbero assistervi.
Ma il calcio moderno è questo. E proprio nei giorni in cui più di tutti si parla di rifondazione del sistema calcio italiano si dovrebbe riflettere anche su questi aspetti, su tutto ciò che ostacola le persone a prendere parte a un evento sportivo, non solo sulla scarsa importanza che in Italia si dà ai settori giovanili, ma ancora prima alla cultura che andrebbe insegnata nel calcio di strada e sui campi di provincia, alla fame che non c'è più, al senso di sacrificio che viene sempre più spesso a mancare. Perchè non sempre sono le Curve e il tifo organizzato il male del calcio. A buon intenditor...
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 7/2017 del 29/11/2017
Partita IVA 01488100510 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore Responsabile: Ivan Cardia
© 2025 tuttoc.com - Tutti i diritti riservati
