Anche quest'anno la riforma del calcio si fa l'anno prossimo

23.05.2022 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Anche quest'anno la riforma del calcio si fa l'anno prossimo
TMW/TuttoC.com

In settimana il Corriere dello Sport ha organizzato un - bellissimo - forum in cui si proponeva di raccontare, attraverso i vertici, il futuro che il calcio si merita. Alle discussioni partecipava una sola donna: Milena Bertolini, nel suo ruolo di ct della Nazionale femminile. Per il resto, tutti uomini, di cui soltanto due al di sotto dei cinquant'anni d'età: Luigi De Laurentiis (43) e Lorenzo Casini (46) i più giovani. Il problema non è del Corriere dello Sport, che ha organizzato una bellissima iniziativa e ha chiamato i vertici che ci sono. E a ben vedere neanche del calcio, che è inserito nel sistema di un Paese dove molto spesso giovane non è bello. Non che lo sia o lo debba essere per forza, a prescindere da tutto: in medio stat virtus, diceva qualcuno. Se però il futuro del calcio deve prospettarlo una platea mediamente molto lontana da quel pubblico che ha l'obiettivo di riagganciare, allora forse qualche problema c'è e il cortocircuito è nelle cose.

Chissà se anche il tema anagrafico può spiegare le lungaggini di una riforma che aspettiamo da anni e continueremo ad aspettare anche in vista dell'anno prossimo. Ci tocca qualche operazione di maquillage: alcuni ritocchini sono più pesanti di altri, ma non è che si vada parecchio lontani. Non è colpa di nessuno, ergo è colpa un po' di tutti. Più volte su queste pagine ci siamo chiesti, per esempio, se effettivamente ci fosse l'intenzione di confermare la promessa di inizio stagione di bloccare ripescaggi e riammissioni: la risposta è no e ormai è stata ufficializzata dal consiglio federale. Cambia l'ordine degli addendi - chi retrocede ha priorità su chi vorrebbe essere ripescato dalla D - ma nella sostanza il risultato non cambia. Sullo sfondo, del resto, il peggior terreno possibile per preparare una riforma: la rottura fra Lega Serie A e Federcalcio, sempre più vibrante e ormai prossima alle carte bollate.

Per carità, nessuna frittata s'è mai fatta senza rompere qualche uova. Quelle su cui si cammina sono particolarmente delicate, perché il redde rationem è rischiosissimo per tutti. Conta come e perché ci si è arrivati? In parte. La Federcalcio sopravvaluta il peso delle procedure politiche rispetto alla realtà economica che sta loro sotto; la Serie A è un covo di padri-padroni litigiosi che tutto vogliono tranne sentirsi dire cosa devono fare. Nel mezzo c'è la politica, che tiene in piedi un sistema normativo che assomiglia a un cimitero d'elefanti, tra la 91 dell'81 e la Melandri. La querelle sull'indice di liquidità - che è di principio, considerato che la maggior parte delle società riuscirebbe a rispettarlo se messo in quei termini - ne è l'esempio più lampante: in Serie A si dovrebbe spiegare perché una limitazione così blanda (torniamo a ricordare che la sempre criticata Lega Pro ha accettato lo 0,7) crei così tanti problemi, e perché del problema ci si è interessati soltanto all'ultima curva, quando si aveva tutto il tempo del mondo. In FIGC, dove si pensa di andare senza i venti club che nel bene o nel male portano avanti la baracca. Moltiplicate il metodo del non dialogo per tutti i temi che dovrebbero essere toccati dalla riforma, e capirete perché anche l'anno prossimo saremo sempre gli stessi. 100 squadre professionistiche, che sono troppe. Riammessi e ripescati, con il consueto corollario di polemiche e probabili confronti agostani nei tribunali sportivi (ma quelli ci potrebbero essere anche fra A e FIGC). Sempre uguali a noi stessi, sempre a ripeterci che questa benedetta riforma ci serve come il pane, ma semplicemente non riusciamo a farla.

P.S. Qualcosa, in conclusione, cambierà sulle seconde squadre. Chissà se almeno su di esse ci si riuscirà a venire incontro, snellendo le procedure e i passaggi tra le due rose dello stesso club, soprattutto abbassando il contributo per l'iscrizione. Ma non ci sbagliamo: sono talmente discusse da venire sopravvalutate. Chi scrive ne è da sempre un fervente sostenitore, ma non illudiamoci che - anche superata in colpevole ritardo l'impasse che ha portato la sola Juve ad averne una - bastino queste a salvare il futuro che il calcio si merita.