Il dato è tratto - Ma 'sta Coppa Italia di Serie C ci serve o non ci serve?

La stagione 2025-26 della Serie C si appresta al via ufficiale, in programma sabato prossimo con le prime sfide ad eliminazione diretta della Coppa Italia di categoria. Una competizione spesso e volentieri bistrattata e vista dagli allenatori o come uno sfogatoio per i panchinari (ma guai a dirlo perché, a sentire i tecnici, le squadre sono composte da 22 titolari ed è pura casualità il fatto che qualcuno di quei 22 titolari giochi 40 partite stagionali e qualcun altro 3) oppure come un mero fastidio da depennare il più rapidamente possibile dall’elenco degli impegni settimanali. E allora, parafrasando il celebre comizio elettorale di Carlo Verdone, alias Armando Feroci, che nel film Gallo Cedrone domandava alla platea se non fosse il caso di trasformare il Tevere in una strada a tre corsie per risolvere i problemi del traffico romano, ci chiediamo: ma questa Coppa Italia, ci serve o non ci serve?
Fino al 2016, la risposta era abbastanza scontata ed era un secco no. O meglio, poteva servire ad arricchire il palmares di una società, poteva essere esibita orgogliosamente in bacheca, soprattutto se la suddetta società non era solita frequentare categorie superiori, ma certamente non portava alcun tipo di vantaggio pratico e concreto. Dalla stagione 2016-17, la musica è cambiata e la Coppa Italia è diventata la porta d’accesso verso il mondo dei sogni, ovvero la fase nazionale dei playoff. Numeri alla mano, però, i sogni si sono sempre trasformati in incubi nel breve volgere di un turno o poco più salvo due eccezioni, Venezia e Padova, che quel trionfo in coppa non l’hanno dovuto neanche sfruttare. I lagunari di Inzaghi, nel 2017, centrarono direttamente la doppietta, conquistando la B già nella stagione regolare e impreziosendo l’annata trionfale con il successo in rimonta nella doppia finale con il Matera. Andò meno bene ai biancoscudati nel 2022: la squadra di Pavanel prima e Oddo poi, dovette arrendersi al Sudtirol dei record nel girone A, prendendosi la rivincita sugli altoatesini in finale di coppa. Il secondo posto in classifica consentì alla formazione veneta di saltare un ulteriore passaggio rispetto ai vincitori di coppa, entrando in scena direttamente al secondo turno ma la loro corsa, per il secondo anno di fila, si fermò in finale, stavolta contro il Palermo.
E le altre sei vincitrici? Visto il cammino breve negli spareggi, verrebbe da dire che sia stato un disastro, ma la realtà è che tutte si erano presentate ai playoff dopo una stagione regolare da centro classifica, se non peggio. L’Alessandria chiuse sesta nel 2018 e nel primo turno riuscì nell’impresa al contrario di perdere 3-1 in casa con la Feralpisalò, dopo aver espugnato il Turina all’andata. Peggio andò alla Viterbese l’anno successivo (dodicesima nel girone C), travolta dall’Arezzo in un round ad eliminazione diretta senza storia. Fuori al primo turno anche il Rimini lo scorso anno, con i romagnoli noni nel girone B e poi battuti dalla Vis Pesaro con un pirotecnico 4-3 al Romeo Neri, dopo il pareggio in terra marchigiana. Un po’ di strada in più la fece la debuttante Juventus U23, decima nel girone A, che negli ottavi si prese lo scalpo del Padova per poi arrendersi nel turno successivo alla Carrarese (2-2) solo per il peggior piazzamento in classifica al termine della stagione regolare. Discorso analogo per il Vicenza, settimo nel girone A nel 2023, vittorioso contro la Pro Sesto nel primo turno e poi eliminato dal Cesena dopo due pareggi a reti bianche così come per il Catania l’anno successivo. Gli etnei, tanto brillanti in coppa quanto deludenti in campionato, tanto da rischiare addirittura di finire in zona playout, si sbarazzarono non senza difficoltà dell’Atalanta U23 per poi spaventare l’Avellino, vittorioso 2-1 al Partenio-Lombardi dopo il ko di misura in terra siciliana.
Tornando alla questione iniziale, questa Coppa Italia serve a qualcuno? Forse no, se l’obiettivo è la promozione, ma, intanto, mettere un trofeo in bacheca può aiutare molto se la stagione ha preso una piega tutt’altro che esaltante rispetto alle aspettative iniziali.
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