QUESTI PLAYOFF IL MIGLIOR SPOT PER LA SERIE C. NONOSTANTE IL DISPOTISMO DELLA B CONTINUI A NUOCERE AL SISTEMA

23.05.2019 00:00 di  Claudia Marrone  Twitter:    vedi letture
QUESTI PLAYOFF IL MIGLIOR SPOT PER LA SERIE C. NONOSTANTE IL DISPOTISMO DELLA B CONTINUI A NUOCERE AL SISTEMA
© foto di TuttoC.com

Da poche ore, per quei nottambuli che leggeranno immediatamente dopo la mezzanotte questo editoriale (saranno di più per chi lo leggerà in giornata), si è concluso il Primo Turno della Fase Nazionale dei playoff: Feralpisaló, Arezzo, Imolese, Catania e Pisa hanno avuto accesso alla fase successiva, dove subentreranno anche le tre seconde classificate, Piacenza, Triestina e Trapani.
Che bello, bello davvero. Perché questa formula dei playoff, per quanto magari possa essere un vero e proprio tour de force, per gli amanti della Serie C è esaltante, ricca di fascino e imprevedibile, un po' come lo è stato questo turno andato in archivio. Adesso cresce l'attesa per quella finale che si avvicina, cresce la curiosità di vedere all'opera la grande delusa della regular season (il Piacenza), cresce l'attesa per altre spettacolari partite. 
Certo, con i risultati alla mano, ho pensato a quello che dice spesso mio fratello, questi playoff sono troppo lunghi e non rendono grossa giustizia a chi è arrivato davvero ai vertici delle classifiche... si, forse questo è vero, un tempo c'era la possibilità degli spareggi solo per chi centrava un posto dal 2° al 5°, ora si è arrivati a decimo, ma vedere questa imprevedibilità del tutto, questa battaglia continua con le unghie e con i denti, ripaga di una stagione falcidiata da tanta, troppa burocrazia: si torna a vedere lo spettacolo. Come ha detto Nicola Binda ai microfoni di TuttoC.com, questi spareggi promozione “riconciliano un campionato non sempre emozionate”.

Il rovescio della medaglia, però, non manca mai, perché, per quanto si voglia guardare solo al rettangolo verde, siamo quasi a fine maggio, e tante, troppe, problematiche che falcidiano il mondo pallonaro, col rischio che, come al solito, la Serie C subisca il dispotismo di una Serie B che ha persino deciso a tavolino le squadre retrocesse. Sia chiara una cosa, Foggia e Palermo non solo andavano punite, andavano punite molto tempo fa - gli illeciti non sono mai giustificabili - ma prima di bloccare i playout la Lega B avrebbe dovuto aspettare il parare della FIGC e di altri tavoli istituzionali. E invece no, ancora una volta l'arroganza di Balata e di chi muove le fila del tutto, con la Lega Pro che forse dovrà accollarsi altre due società che potrebbero dare quei problemi che, non senza fatica, il presidente Ghirelli ha cercato di arginare in quella che è stata una delle stagioni segnanti la pagina più bassa del calcio italiano. 
A ogni modo, inutile sbilanciarsi e tediare adesso i lettori, tanto quello che sarà da qui a giugno, viene difficile dirlo, con le nuove normative federali qualcosa probabilmente cambierà ma... un freno va davvero dato, prima di giugno. I nomi sempre gli stessi, le situazioni simili tra loro. Possibile? Confido ampiamente nel lavoro di un uomo di calcio e politico come il presidente della FIGC Gabriele Gravina si è sempre mostrato, perché il calcio italiano adesso ha bisogno di vivere un'estate fuori dai tribunali. Gelato, mare e calciomercato, persino i classici “discorsi da bar” sono preferibili allo scempio giudiziario.

Invecchiando, però, mi scopro nostalgica, perché in tutto questo marasma, la cosa che davvero mi ha colpita, anche se arrivo a parlarne solo adesso, è stato il modo nel quale la Roma ha scaricato Daniele De Rossi: non parliamo di addio, perché non è stato quello, De Rossi è stato cacciato. Nel corso della conferenza stampa che ha annunciato l'evento, tramite il CEO giallorosso Fienga è emerso che al calciatore era stata comunicata solo un giorno prima la scelta del club, "Parlando con Daniele, la prima cosa che ho detto a nome della società è stato di scusarci per il ritardo nell'affrontare la questione, ma è tutto figlio di quello che è successo quest'anno”. Ingratitudine, si chiama così. Forse anche dilettantismo, al netto della categoria, ma nell'atteggiamento dei dirigenti capolini c'è stata davvero eccessiva ingratitudine. Come ha detto tempo fa Valentina Ballarini a Sportitalia, a De Rossi la Roma ha fatto quello che non ha potuto fare a Totti, che a Roma era sicuramente un Dio, a differenza di De Rossi che è, per così dire, un mezzo dio. Quel “mezzo” che fa la differenza. In un calcio che però avrebbe bisogno di bandiere.
Si parla molto delle nuove riforma atte a (ri)costruire il mondo pallonaro italiano, e queste partono soprattutto dalla Serie C, che dalla prossima stagione non potrà contare su più di 6 prestiti a squadra e non vedrà più un limite di over in rosa: il che vuol dire che di sicuro tornerà a esserci maggior appeal verso una categoria che negli anni è stata massacrata da un sistema malato, ma vuole anche dire un cambio notevole di strategie. 
Non potendo contare più sulle cosiddette valorizzazioni, ci sarà probabilmente un implemento delle formazioni U23, con le big che dovranno far fare le ossa ai propri tesserati in una categoria importante senza però il supporto di quelle squadre di C che sono state una vera fucina, mentre per la terza serie occorrerà curare in modo diverso i propri settori giovanili, investendo quindi in strutture e figure di alto profilo, siano essi educatori dei bambini, responsabili dei vari settori, scouting. Di fatto, quello che di cui il Pordenone è stato precursore. Certo, vedere cambi immediati sarà impossibile, a Lovisa sono serviti 12 anni prima di portare il club in Serie B (e lo stesso al sistema calcio spagnolo e tedesco prima della vincita dei Mondiali), e si dovrà quindi anche cambiare la cultura italiana, più orientata al “tutto e subito”. 
Un punto essenziale, in tutto ciò, sarebbero le prima citate “bandiere”: quei volti puliti che hanno saputo unire un paese. Che ha bisogno di rinascere.