REGOLE, STADI, SEMIPRO. BENE TUTTO, MA NON BASTERÀ. L'UNICA VERA SOLUZIONE È TORNARE ALLA SUDDIVISIONE TRA C1 E C2

Siciliano, ex studente a tempo perso, lettore per necessità, scrittore per passione. Da dieci anni giornalista per divertimento.
07.03.2019 00:00 di Dario Lo Cascio Twitter:    vedi letture
REGOLE, STADI, SEMIPRO. BENE TUTTO, MA NON BASTERÀ. L'UNICA VERA SOLUZIONE È TORNARE ALLA SUDDIVISIONE TRA C1 E C2
© foto di TC

La Serie C è ad un punto di svolta. Questa stagione disastrata e disastrosa, se una cosa ce l’ha insegnata, è che così come è strutturata, la Lega Pro non può andare avanti. Troppe criticità, troppi compromessi, troppe storture che hanno fatto perdere passione ai tifosi, voglia ai presidenti, credibilità all’intero movimento. La vicenda Modena sembrava poter insegnare tante cose. Non abbiamo imparato niente, il plurale lo usiamo in senso lato, perché qualcuno ha più responsabilità di altri.

Il laissez-faire della scorsa estate ha portato solo a rovinare ulteriormente un campionato che già era vittima di sé stesso e delle sue storture storiche. Non si può concedere ad un’auto da corsa di iniziare una gara sapendo che non avrà abbastanza benzina per arrivare fino in fondo. Sapendo, appunto. Perché tutti sapevano che certi club non avevano i mezzi per portare a termine il campionato.

La nuova governance del calcio, Gabriele Gravina in FIGC, Francesco Ghirelli in Lega Pro in testa, vuol cambiare le cose. Bene tutto. Bene le nuove regole che non consentiranno, a chi non ha tutte le carte in regole e le coperture economiche – basta più fideiussioni farlocche – di presentarsi ai nastri di partenza.

Bene anche aver puntato sulla questione stadi. La maggior parte degli impianti di Serie C e non solo sono fatiscenti, strutture di decenni fa mai rimodernate, al massimo rattoppate. Poco sicure, sgradevoli addirittura. Illuminazioni, seggiolini e quant’altro, tutto dovrà essere messo a norma entro il prossimo campionato. Un altro ottimo paletto.

Ma, diciamocelo, senza giri di parole, non basterà. Chi vi scrive ne ha già parlato e lo ribadisce. Il problema della Lega Pro è che la formula adottata alcuni anni fa, il campionato unico a 60 squadre, ha semplicemente fallito. Non nell’idea, sia ben chiaro, perché l’obiettivo era lodevole. Ma nei fatti. Non esistono al momento in Italia abbastanza società virtuose e solide per costituire una terza serie così ampia e che sia equilibrata e piacevole.

Basti vedere le classifiche e i distacchi tra le prime e le ultime, al netto delle penalizzazioni. Certo, il calcio è imprevedibile e capita che un Bisceglie batta un Catanzaro o un Cuneo un’Entella. È chiaro che però a grandi linee le discrepanze tra club “ricchi” e “poveri” è eccessiva. C’è chi può spendere cento e chi può spendere uno. Onorevole, sicuramente, ma quanto conveniente?

Si è parlato di semiprofessionismo, ma in tutta onestà a chi vi scrive sembra davvero una forzatura. Si tratterebbe di ridurre la pressione fiscale, ma sarebbe sminuente sia per chi è in Serie C, per chi approda dalla D e per chi scende dalla B. Il professionismo verrebbe limitato solo a due categorie.

Esiste invece una soluzione che andrebbe presa in considerazione, anche se tornare indietro a volte è più difficile che andare avanti. Ovvero ripristinare la distinzione tra Serie C1 e Serie C2. Una C1 che sarebbe un “cuscinetto” per chi scende dalla B e che esalterebbe ancora di più le qualità di quei club che hanno qualcosa di più nel bacino della Lega Pro, creando un torneo più equilibrato ed entusiasmante, con due gironi da sedici o diciotto squadre.

Una C2 che potrebbe essere costituita anche e soprattutto da tutte quelle società virtuose che però faticano a venire su dalla Serie D e che vogliono crescere ma con pazienza, senza fretta e soprattutto senza ritrovarsi a dover sostenere costi superiori alle proprie possibilità. Due gironi o addirittura tre in questo caso, com’era una volta.

Non si tratta di un’operazione nostalgia. È tangibile che numericamente questa Serie C sta annaspando. Difficile pensare che ad agosto ai blocchi di partenza si riescano a trovare 60 club con i conti in regola e lo stadio a norma. Ci auguriamo con tutto il cuore di essere troppo apocalittici. Ma se fossimo nei vertici di questo calcio, numeri alla mano, difficilmente crederemmo in questo momento di poter completare i quadri.

Si sbaglia a volte, fare un passo indietro non è segno di debolezza. Semmai di intelligenza. E tornare sulle proprie decisioni può davvero essere la soluzione migliore per la C e per tutto il calcio italiano.