ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente: Roberto Scarnecchia

ESCLUSIVA TLP -  Mi ritorni in mente: Roberto Scarnecchia TMW/TuttoC.com
© foto di Luigi Putignano/TuttoLegaPro.com
domenica 25 novembre 2012, 22:30Interviste TC
di Daniele MOSCONI
19^ appuntamento con "Mi ritorni in mente"

Il mondo del calcio è costellato da squadre che hanno fatto la storia di questo sport. Le conosciamo a memoria e ci basta dire Real Madrid, Barcellona, Ajax. Se vogliamo restare in Italia, ci basta menzionare Milan, Inter o la stessa Juventus. Ognuna di loro ha avuto la sua epoca del massimo splendore. Esistono anche club più piccoli, magari meno titolati ma che ancora oggi vibrano nei cuori dei tifosi per le imprese che hanno compiuto: non importa se una salvezza, una promozione o una vittoria in extremis. Piccoli cimeli che non riempiranno mai le bacheche nelle sedi, ma capaci di rimanere indelebili nelle menti di chi le ha vissute, al punto di far venire ancora oggi la pelle d'oca a chi le racconta, facendo nascere il rammarico a chi, nato dopo, non ha avuto quella fortuna e deve accontentarsi del pathos.

Il Barletta di Giorgio Rumignani, campionato 1987\88 è stato qualcosa che ancora oggi, anche se non si è tifosi biancorossi, nell'ambiente del calcio cosiddetto "minore" è ricordato come qualcosa di indimenticabile. Il tecnico è stato già protagonista di "Mi ritorni in mente". Fu un'intervista a cuore aperto, ricca di aneddoti interessanti. Raggiunse il suo apice quando si parlò di quella fantastica esperienza. In quella squadra uno degli artefici fu Roberto Scarnecchia, nato a Roma il 20 giugno del 1958. Attaccante alto e possente, arrivò nella città della disfida alla fine della sua carriera, ma come spesso capita, proprio al momento giusto per scolpire nel cuore dei tifosi barlettani il suo nome per sempre in quella squadra eroica. Abbiamo usato un termine un po' forte, ma quel Barletta fu davvero qualcosa di incredibile: a fine girone di andata aveva collezionato 10 punti (la vittoria dava ancora 2 punti). Solo un miracolo avrebbe potuto salvarli.

Si parte proprio da questa impresa, per conoscere fin nell'anima, Roberto Scarnecchia in questa intervista esclusiva. Uomo che, nonostante abbia superato i cinquanta, ancora è capace di emozionarsi come un ragazzino al ricordo di quella esperienza drammatica ed esaltante allo stesso tempo. E' proprio l'ex attaccante biancorosso l'ospite di questo 19^ appuntamento con la rubrica firmata TuttoLegaPro.com: "Mi ritorni in mente".

Ciao Roberto, partiamo da qui: Barletta in B per la prima volta nella sua storia. Campionato 1987\88.

"Fu qualcosa di inspiegabile. Facemmo un girone d'andata dove avevamo 10 punti. Eravamo messi male, dovevamo gettare il cuore oltre l'ostacolo".

Alla fine siete riusciti a fare quello che nessuno avrebbe mai immaginato.

"Esatto. 21 punti nel girone di ritorno, con la squadra che viaggiava a mille, l'entusiasmo della gente ci aiutava a crederci. Quando si parla di quel Barletta ancora in molti lo ricordano con emozione. E' il bello del calcio e dello sport in generale: capace di regalare storie incredibili, grazie ad imprese come la nostra".

Eri a fine carriera, ma hai avuto la fortuna di scrivere una pagina importante di questo club.

"Non potrò mai dimenticare questa esperienza. La sento ancora dentro le vene, perchè sai di aver fatto qualcosa di unico e irripetibile".

Dall'altra parte della cornetta si sente la voce dell'uomo Roberto Scarnecchia che si emoziona.

Aprire in questo modo era il doveroso omaggio a quel Barletta. L'attaccante romano inizia molto tardi a giocare a calcio:

"Vero. Io facevo tutt'altro: atletica, sci, ma il calcio proprio no. Certo, da ragazzino ho giocato all'oratorio, ma non avrei mai pensato di costruirmi una carriera da calciatore".

Il tuo approccio a questo sport fu abbastanza singolare.

"Avevo 16 anni, ero in vacanza e mi notò un osservatore dell'Almas Roma (piccola realtà dell'hinterland romano). D'estate si facevano i tornei tra i vari stabilimenti e questi a fine partita mi disse se volevo andare con loro. A settembre inizio con la Juniores (sarebbe la Berretti della Lega Pro)".

Era il 1976, mentre l'anno dopo vai alla Roma. Quale ricordo hai?

"Ho fatto cinque anni con i giallorossi. Era tutto un altro calcio, si viveva in maniera diversa l'evento, mentre oggi tutto è basato sull'immagine e lo show business la fa da padrone".

Nel 1982 lo scudetto, il secondo della storia con la Roma.

"Un'esperienza vissuta in parte, visto che andai a Napoli. Fu qualcosa di impensabile in una città come Roma, dove si vive di calcio ventiquattro ore al giorno".

Un tricolore non arrivato per caso.

"No no, perchè a quel tempo si poteva progettare, mentre oggi sei in un tritacarne ogni domenica. Sono tante le storie di allenatori che dopo tre partite sono in discussione. Cose assolutamente assurde, ma l'evoluzione del calcio porta anche guasti simili".

Ci dicevi di Napoli (stagione 1982\83).

"Mi volle fortemente Giacomini. Non ho un ricordo molto forte, perchè poi la società decise di prendere Pesaola, ma non rientravo nei suoi piani".

Ferlaino?

"Grande presidente e personaggio con un carisma che ti sapeva coinvolgere come pochi di quel tempo".

Quale ricordo hai del calcio anni '80?

"Bello! Quel calcio era genuino, vero. Si sentiva che qualcosa stava cambiando. L'immagine dello sport andava verso il professionismo tout court. Poi sono arrivate la Legge Bosman (nel 1995. Si tratta di una legge emessa dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea chiamata in causa proprio dal giocatore belga Jean Marc Bosman, la quale sentenzia che i giocatori a fine contratto non sono più vincolati all'ok del club per potersi trasferire, ma possono farlo liberamente a parametro zero), le tv e ora viviamo di calcio tutto il giorno".

Quanto manca il numero 10 in questo tempo, dove tutto è riportato esclusivamente al risultato finale senza mezzi termini?

"Manca la fantasia, tutto è ingabbiato in schemi rigidi, dove il giocatore con estro deve mettere da parte la propria dote innata per contribuire al lavoro sporco. Certo, gente come Causio, Falcao, Platini o lo stesso Bruno Conti, sono stati campioni che non si sono più visti su un manto erboso".

Secondo te gente come loro in questo calcio non potrebbe giocare?

"Assolutamente no. Quando giocavano loro, era tutto un altro modo di intendere questo sport. Si preferiva la tecnica all'agonismo, dovevi saperci fare per giocare, mentre oggi l'importante tu sia un atleta, preferibilmente 1.80 di altezza, anche dai piedi ruvidi, ma è l'aspetto fisico che conta. Si abbassa notevolmente il livello del gioco, proprio per queste forzature".

Parliamo un po' di te: cosa fai attualmente?

"In questo momento sono in ospedale perchè dovevo fare un piccolo intervento. Tutto andato bene per fortuna".

Calcisticamente ti abbiamo lasciato che iniziavi questa stagione come allenatore a Voghera.

"Sì è vero, ma un po' per le divergenze con il club e un po' la preoccupazione per questa operazione, abbiamo deciso di lasciarci di comune accordo".

Non appena uscito, sarai pronto per una nuova esperienza.

"C'è una situazione in ballo, ma non voglio parlarne per scaramanzia".

A Barletta magari?

"No, con loro non ho avuto contatti e un po' mi dispiace, perchè ritengo che almeno una chiacchierata si poteva fare".

Tornando a quel Barletta, il momento che ricordi con maggiore piacere con quella maglia?

"Un gol che feci su punizione, non ricordo il nome dell'avversario. Ero arrivato da qualche settimana. Scaricai su quel pallone tutta la rabbia che avevo in corpo. La corsa sotto la curva, fu un qualcosa di stupendo. Si creò fin da quel momento un connubio importante con la tifoseria".

Qualche mese fa è venuto a mancare Moreno Solfrini, capitano di quel Barletta.

"Moreno, Moreno. Una morte silenziosa e imbarazzante la sua. Non sapevo nulla fino a qualche settimana prima, quando ormai la malattia era in fase terminale. Un ricordo? Ne ho molti, difficile sceglierne uno. Ho avuto la fortuna di conoscerlo bene, straordinario e umile, mentre dentro era uomo vero. Era un capitano, di quelli che non nascono più. Devi nascerci capitano e Moreno lo è sempre stato".

Un ricordo sul campo di Solfrini?

"Ah be, senza dubbio il 3-2 contro il Lecce. Il pareggio di Baroni ci aveva tagliato le gambe, dopo che eravamo andati sotto e avevamo recuperato alla grande. Fece il gol decisivo. Ricordo l'abbraccio per una partita pazzesca".

Mentre la tua partita più bella?

"Non mi crederai, ma io ricordo con immenso piacere un incontro amichevole. Eravamo a L'Aquila, giocavo nella Roma e affrontavamo il Catanzaro nelle classiche partite di inizio stagione. Feci davvero bene quel giorno, ma la cosa che ancora oggi mi fa emozionare fu la mia uscita dal campo, con tutto il pubblico (per la maggior parte romani in vacanza) in piedi ad applaudirmi".

Che sapore ha una vittoria?

"Il gusto dolce del sacrificio, dello spirito e lo sforzo che si è prodotto per arrivarci, ma soprattutto la soddisfazione è doppia, perchè hai evitato una sconfitta".

Chiudiamo con l'attualità. D'accordo con la riforma dei campionati di Lega Pro approvata in questi giorni?

"D'accordo al cento per cento. Il calcio piace a tutti, ma non possono farlo tutti. Specie a questi livelli dove non si guadagnano cifre iperboliche, è giusto dare una tutela maggiore a tutti, dai protagonisti in campo fino al tifoso che non deve veder morire la propria squadra per responsabilità di qualche personaggio che usa il calcio per interessi propri".

Il prossimo appuntamento con "Mi ritorni in mente" è per domenica 9 dicembre.