ESCLUSIVA TLP - Pro Piacenza, il portiere Fumagalli: "La parata più bella? Sempre la prossima. A Ghislanzoni mi sento di dire..."

Provate ad essere presenti in una tribuna durante una partita qualsiasi di calcio e vedrete che non appena il portiere subirà un gol, non passeranno che pochi secondi e arriverà forte e chiaro il "Buffon" o "Neuer" di turno: "Questa la paravo anch'io", "Ma come si fa a prendere un gol così", oppure il più classico: "Portiere, datti all'ippica", come se stare su un cavallo sia paragonabile a stare in mezzo ai pali..
In Italia non siamo solo sessanta milioni di Ct, sessanta milioni di tifosi che non sbaglierebbero mai una formazione, ma soprattutto siamo sessanta milioni di portieri. Siamo infallibili soprattutto quando sono gli altri a sbagliare.
Bel ruolo quello di Ermanno Fumagalli, attuale portiere del Pro Piacenza: fare il portiere ed essere il sempre in bilico tra "eroe" della partita e "spettatore non pagante" se sbaglia un intervento che compromette tutto: "Se sbaglia l'attaccante la partita finisce 0-0. Se sbaglia il portiere finisce 1-0".
Dopo otto anni di Campania, diviso tra Marcianise, Juve Stabia, Avellino e Casertana, per Ermanno è arrivato il momento di avvicinarsi a casa (nato a Treviglio, ndr): "Mi si è prospettata l'ipotesi di avvicinarmi a casa e, d'accordo con mia moglie ho accettato la proposta del Pro Piacenza".
Ragazzo sveglio Ermanno, egocentrico come ogni portiere che si rispetti e desideroso di gettarsi ancora tante volte prima di appendere i guantoni al chiodo: "Mi devo togliere ancora parecchi sassolini dalla scarpa prima di ritirarmi".
In questo inizio di stagione, Ermanno non ha perso la sana abitudine che contraddistingue un portiere: parare i rigori. Ne ha già parati tre: Gael Genevier in Lumezzane-Pro Piacenza di Coppa Italia di Lega Pro e domenica contro la Reggiana ha concesso il bis neutralizzando le conclusioni dagli undici metri di Angelo Nolé nel primo tempo e Rachid Arma nella ripresa, nell'1-1 interno contro la Reggiana.
Ermanno Fumagalli ci ha raccontato le sue sensazioni, le gioie e i dolori di una carriera vissuta in un ruolo che è per molti ma non per tutti, ribadendo in questa intervista esclusiva a TuttoLegaPro.com: "La parata più bella è sempre la prossima", motto di ogni portiere di questo mondo.
Ermanno, in meno di un mese hai già parato tre rigori. Non male come media.
"Domenica è stata una giornata tra virgolette perfetta. Sono contento per questo inizio di campionato, spero di dare ancora una grossa mano alla società per la salvezza".
Dei tre rigori parati, il più bello forse è quello a Genevier. Sei d'accordo?
"Si, sono d'accordo. Ha tirato a mezza altezza, incrociando e sono dovuto andarci con la mano di richiamo: comunque i rigori sono sempre una lotteria, anche se sembrano centrali, se vai dall'altra parte, la palla entra. A livello di difficoltà quello di Genevier era il più difficile. Quando si para un rigore molto spesso è responsabilità di chi tira. Riguardo a quelli di domenica il secondo era più centrale del primo. E' andata bene così, siamo contenti del punto conquistato".
Dopo una vita al sud sei tornato vicino casa (è nato a Treviglio, in provincia di Bergamo, ndr).
"Ho passato gli ultimi anni della mia carriera al sud - otto anni di fila in Campania - e mi porterò sempre dentro grandi cose. Mi hanno fatto crescere a livello calcistico, ma soprattutto a livello umano. Prendo in prestito la battuta del film "Benvenuti al sud": quando vai al sud piangi due volte, quando arrivi e quando te ne vai. Per un calciatore un'esperienza al sud è importantissimo, in particolar modo per la crescita professionale, ma non solo. In effetti è stata una scelta quella di avvicinarmi a casa, perché con mia moglie sentivamo questa necessità ed è venuta fuori questa possibilità del Pro Piacenza - ma non solo questa -. Qui conosco il Direttore, è una società composta da persone per bene e questo è uno dei motivi che mi hanno spinto ad accettare la loro offerta".
La tua prima partita nei professionisti con la maglia del Fiorenzuola: 2 settembre del 2001 a Imola contro l'Imolese. La ricordi ancora?
"La ricordo ancora oggi per una parata. Eravamo una squadra giovane, quell'anno non riuscimmo a salvarci. Era il primo anno nei professionisti e lo ricordo come se fosse ieri".
Da allora sono passati quattordici anni e quanti palloni hai raccolto in fondo alla rete e quanti ne hai evitati con le tue parate. A trentatrè anni inizi a pensare al momento in cui appenderai i guantoni al chiodo?
"E' ancora presto. Non ci voglio nemmeno pensare, perché comunque quando vado al campo ancora mi diverto. E' vero che sono stipendiato ed è un lavoro, però la differenza la fa l'allenarsi con il sorriso e avere un atteggiamento positivo per andare avanti. A trentatrè anni non mi sento ancora vecchio, ho ancora voglia di giocare e ho parecchi sassolini dalla scarpa da togliermi".
Senti il desiderio di indossare una maglia con il tuo nome dietro. Per due volte sei stato promosso in cadetteria (Juve Stabia nel 2011, Avellino nel 2013) ma non sei mai riuscito a esordire.
"Questo è uno dei sassolini che mi voglio togliere. Ho vinto due campionati e non mi è mai stata data la possibilità di farlo. Nel calcio nulla è impossibile. Attraverso il campo spero di riuscirci ancora e poi mai dire mai...".
Per un portiere è naturale dire: "Nulla è impossibile", altrimenti non potresti ricoprire questo ruolo se pensi che un pallone sia impossibile da parare.
"Non esiste dire non ci arrivo su questa palla. E' l'atteggiamento mentale che hai durante la sessione dell'allenamento o durante la gara: se il tuo corpo recepisce i messaggi negativi del cervello, devi essere sempre positivo. Magari pensi che la palla non la prendi, però che ne sai che l'attaccante sbagli a calciare?".
Due volte ti sei avvicinato alla serie B. Un po' demerito tuo il fatto che non ci sei arrivato?
"Sia a Castellammare che ad Avellino ero in scadenza di contratto e non c'eravamo messi d'accordo economicamente, però non è stato un errore di nessuno. I matrimoni si fanno in due e nel calcio queste cose ci stanno".
Per fare il portiere bisogna essere anche un po' egocentrici?
"Certo, quello si. Devi essere un po' matto, ed avere quella pazzia calcistica. A pensare che ti devi buttare su una palla dove gli altri ti calciano con i piedi. Questo ruolo lo amo e mi voglio buttare altre miliardi di volte sull'attaccante mentre tira. Devi sempre pensare che la parata più bella deve ancora venire...".
Il vostro ruolo vi pone sempre sotto i riflettori: uomo partita o primo responsabile di una sconfitta.
"Quando sbaglia l'attaccante la partita finisce 0-0, quando sbaglia il portiere finisce 1-0. Devi avere una forza mentale tale che devi accettare le critiche, in particolar modo nel calcio dove tutto è ampliato. E' logico che si guarda sempre al portiere che poteva uscire, che poteva respingere in maniera diversa quella palla. Diciamo che la gente si scarica sul portiere quando la domenica viene a vedere la partita. L'errore va comunque analizzato: un portiere può sbagliare, ma c'è anche la responsabilità degli altri che non hanno fatto fino in fondo il loro dovere. Quando si prende un gol, bisogna cercare le cause non cercando capri espiatori. All'interno di una squadra non bisogna colpevolizzare ma lavorare di gruppo e quando si prende un gol l'errore è di tutti".
Quante volte ti sei sentito dietro le spalle: "Quella la paravo anch'io"?.
"E' vero. E' un classico di chi non ha mai indossato due guantoni".
Ti senti più batman o superman?
"Mi sento Ermanno Fumagalli. A Caserta mi hanno dato il nomignolo di 'Batman Fumagalli' e questo mi riempie di orgoglio, vuol dire che ho lasciato un ottimo ricordo e spero che la gente continui a chiamarmi in questo modo, perché vuol dire che sto facendo delle belle cose".
Più facile pescare o parare un rigore?
"E voi che ne sapete che io amo pescare?".
I social network sono una fucina di informazioni.
"Ci ho perso un po' la mano a pesca e ultimamente non mi sta andando bene. Più facile che pari un rigore che pescare un pesce".
Un portiere che ti ha ispirato?
"Angelo Peruzzi. Negli anni della mia crescita, dai sei ai tredici anni, è stato fondamentale. Parava di tutto, anche le mosche".
Attualmente quale portiere ti piace in Italia?
"Marchetti della Lazio".
All'estero?
"Neuer del Bayern Monaco".
Dei tatuaggi che hai, quelli a cui sei legato maggiormente quali sono?
"Sono due: quello con il nome di mia moglie Jessica e mio figlio Jacopo sotto il braccio e quello di mia figlia Amelié sul petto".
Un difetto che ti riconosce tua moglie?
"Che sono permaloso".
Ti senti permaloso?
"Si abbastanza".
Un portiere deve essere anche permaloso, non credi?
"Non potrei fare il portiere se non lo fossi".
Ti è mai capitato che tua moglie ti sfidasse dagli undici metri?
"Era in programma il giorno del matrimonio. Gli amici mi avevano preparato una porta di polistirolo fuori dalla chiesa, solo che quel giorno c'è stato un temporale e non s'è potuto fare niente. Comunque a mia moglie gli faccio far gol tutta la vita".
C'è qualcuno nel mondo del calcio a cui devi un semplice grazie?
"Un grazie a mia moglie. Non voglio fare il lungimirante: però una moglie che si trasferisce a mille chilometri da casa per starti accanto, nei momenti di difficoltà è l'unica che ti è accanto e può darti una pacca sulla spalla, un abbraccio sincero. Ringrazio lei perché nel calcio ci sono momenti negativi e positivi - fortunatamente sono più i secondi dei primi - e in quelli no lei c'è sempre stata, dandomi la spinta per rialzarmi quanto prima. La sua sincerità senza secondi fini è fondamentale e mi aiuta molto quando ci sono dei momenti in cui sono giù di morale".
Nelle ultime ore il portiere della Giana Erminio, Andrea Ghislanzoni [leggi qui la sua intervista esclusiva concessa a TuttoLegaPro.com] ha deciso di ritirarsi a 21 anni, accusando il calcio di non essere meritocratico.
"Gli sono vicino: è stata un decisione non dipesa da lui, ma a causa di atteggiamenti di altre persone. Ha avuto coraggio e lo ammiro tanto. Ci sono dei regolamenti sugli under che non aiutano i giovani. Non servono obblighi, quando uno è bravo gioca. Questa è una situazione che tocca molti ragazzi, anche con la famiglia e si trovano a dover ripartire da zero".
La parata più bella?
"E' sempre la prossima...".
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