Renate, spirito di pantera, spirito di Guglielmotti

09.12.2019 17:40 di Francesco Moscatelli   vedi letture
Davide Guglielmotti
TMW/TuttoC.com
Davide Guglielmotti
© foto di Alex Zambroni

Corale, inclusivo, coeso in un gruppo che, nel momento della festa, va a prendersi quella maglia con un cognome di otto lettere che oggi non c'è. Un po' lungo tutta questa prima metà di stagione, ma mai come a Gorgonzola: un'unica forza, una sola direzione.

Ma è anche un Renate di tante singole storie, di trascorsi a volte tortuosi per aggirare ostacoli non segnati sulla mappa. Storie di chi non ha avuto tutto subito, ma che quello che ha avuto è risultato di volontà e costanza. Ecco, è proprio questo intreccio di promettenti trafile giovanili e di successive peregrinazioni nella provincia italiana, intervallate ora da infortuni ora da contratti da sudare a rendere ora grande e forte la Pantera nerazzurra. Così, a costituire uno dei pilastri della seconda della classe, non è un acquisto ben pagato ma un giocatore che rappresenta forse più di chiunque altro le premesse, le cause e le soluzioni di un gruppo che, in quel secondo sgabello, vuole sederci fino alla fine.

Davide Guglielmotti ha saputo fin da subito che non sarebbe stato semplice. Non è facile, nemmeno se indossi già la maglia nerazzurra nelle tue prime tournée giovanili in giro per il mondo. Non è facile, nemmeno quando -a Busto e a Cremona- dimostri che in C ci puoi stare. Non è facile, nemmeno quando - a Pistoia- dimostri che in C ci puoi stare e puoi essere pure un valore aggiunto. Non è facile, dunque difficile. Difficile digerire di rimanere a piedi quando qualche colpa ce l'hai, figurarsi quando guardi gli altri giocare senza nemmeno sapere il perché. 31.08.18, Davide torna ad essere un calciatore, il Renate  una sorta di ultimo, vero treno: il gol, alla seconda di campionato, contro il Vicenza, la conferma di una strada percorribile. Oggi, tanti chilometri dopo (sulla corsia di destra) e sette reti più tardi, Davide è tessera indispensabile di un mosaico da queste parti forse irreplicabile. In primis perché è una storia bella. E poi, più concretamente, perché il numero 27, sotto la gestione-Diana, ha compiuto il salto di qualità in modo particolare nei movimenti senza palla e nella lettura dell'azione, aspetti che lo fanno stare nella posizione giusta al momento giusto. Come a Bolzano. Come a Monza. Come a Lecco. Come quella volta sulla rete a bordo campo contro la Feralpisalò, a urlare la sua personale "liberazione". Ops, no, quello non era il posto -e il momento- giusto! Ma Guglielmotti è tale anche per questi momenti "di cuore", perché che noia se ci fosse solo la testa. Quel cuore che gli suggerisce, a fine gara, una dedica senza nome. Un nome che sanno solo in due: è il segreto a rendere un pensiero ancora più prezioso.

 Il Renate, questo pendolino, se lo tiene stretto (contratto rinnovato a giugno fino al 2021) così com'è: 99% di umiltà e 1% di pazzia. Nerazzurro ancora per tanto. Molto, molto volentieri.     

"La vittoria è dedicata a Piero, da qui in avanti vorremmo vincere il più possibile per dedicare i tre punti al nostro compagno" spiega il novarese in sala stampa dopo la vittoria sull'AlbinoLeffe. "Nonostante il campo difficile e l'avversario ostico abbiamo cercato di imporre un gioco che non fosse solo lanci lunghi e conseguente lotta sulle seconde palle ma qualcosa di più ragionato. Loro dietro chiudevano bene, mi è capitata una palla giocabile e sono contento con quella di aver fatto il massimo possibile: un vantaggio partito dal mio cross e il cui merito finale va ascritto interamente a Vincenzo (Plescia, ndr)". 

"Dopo la mia militanza nella Pistoiese (stagione 2016-17, ndr) avevo richieste anche importanti: ma la realtà a volte è ben diversa dalle aspettative e sono rimasto svincolato. Lo scorso anno ho ripreso ad essere un calciatore al 100% e ho cercato di dare il massimo per questa maglia: dopo un anno di inattività non è stato semplice. Quando ne passi tante cresci a livello umano e questa crescita va di pari passo al mio rendimento in campo. E in questo un grazie lo devo anche ai compagni, in primo luogo proprio al capitano Anghileri che è un "quinto" come me e conosce tutto il mio percorso: ora stare nello spogliatoio per me significa relax. Un ringraziamento dunque ai miei compagni, ma un ringraziamento anche ad una persona che mi è stata vicina nove anni, non fa più parte della mia vita come lo era prima, ma le auguro il meglio".