Perugia, numeri da incubo: la peggior partenza del calcio professionistico italiano

Perugia, numeri da incubo: la peggior partenza del calcio professionistico italianoTMW/TuttoC.com
© foto di Stefano Scarpetti
Oggi alle 11:00Girone B
di Laerte Salvini

Il Perugia vive uno dei momenti più bui della propria storia recente. I numeri della crisi sono chiari e impietosi: 3 punti in 10 giornate, nessuna vittoria, 6 gol fatti e 17 subiti. Una media di 0,3 punti a partita, che fotografa una realtà drammatica, lontanissima dalle ambizioni dichiarate dal club. L’ultima rete risale a cinque gare fa, contro la Sambenedettese, un mese di silenzio offensivo che racconta più di mille parole.

La scelta di impoverire una rosa che solo pochi mesi fa aveva chiuso al dodicesimo posto è stata un azzardo che si sta trasformando in disastro. L’idea di “fare grande il Perugia” è rimasta confinata alle parole, mentre il campo restituisce un’immagine opposta: una squadra fragile, priva di certezze e di fiducia.

Secondo un’analisi di CalcioGrifo, nei quattro massimi campionati italiani – dalla Serie A alla Serie D – solo quattro squadre hanno fatto peggio: Nuova Sondrio, Calvi Noale, Castelfidardo (1 punto in 8 gare, media 0,125) e Poggibonsi (2 punti in 8 gare, media 0,25), tutte militanti in Serie D. In sostanza, il Perugia è oggi, insieme al Siracusa (3 punti in 10 partite nel girone C di Serie C), la peggior squadra del calcio professionistico italiano.

Un primato amaro che lo accomuna, per rendimento, a realtà ben più grandi: Fiorentina, Genoa, Pisa e Spezia non hanno ancora centrato una vittoria nei rispettivi campionati. Ma se in Serie A e B la media punti si aggira comunque intorno ai 0,4-0,5, il dato umbro resta il più allarmante. In Lega Pro, solo la Triestina (-7 con 20 punti di penalizzazione) e il Rimini (-2 con 12 punti di penalizzazione) si trovano formalmente più indietro, ma per motivi extra-tecnici.

La realtà è che il Perugia è oggi ultimo per rendimento “reale” tra le squadre professionistiche italiane. Un dato che impone riflessioni profonde, perché non si tratta più di un momento di flessione, ma di una crisi strutturale: tecnico-tattica, psicologica e gestionale. Servirà una sterzata decisa, e non solo in panchina, per restituire dignità sportiva a una piazza che non merita di vivere un simile declino.