ARRIVANO I CALENDARI, MA VENTI SQUADRE NON SANNO IN CHE CATEGORIA GIOCHERANNO. BARI, NON HAI BISOGNO DELLA SERIE C. FACCE E SOLDI PULITI: I CONTROLLI FORMALI NON BASTANO PIÙ

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
20.07.2018 00:30 di Ivan Cardia   vedi letture
ARRIVANO I CALENDARI, MA VENTI SQUADRE NON SANNO IN CHE CATEGORIA GIOCHERANNO. BARI, NON HAI BISOGNO DELLA SERIE C. FACCE E SOLDI PULITI: I CONTROLLI FORMALI NON BASTANO PIÙ
TMW/TuttoC.com

Mentre presentavano Cristiano Ronaldo, sparivano Bari, Cesena, Reggiana e Mestre. Banale quanto volete, il contrasto tra il supercampione portoghese che arrivava e un milione di tifosi che virtualmente sparivano è anche la fotografia di un’estate contraddittoria per il calcio italiano, più calda di quanto non ci si immaginasse.

 

E siamo solo agli inizi. Per quattro che sono al passo d’addio, altre venti (calcolo ipotetico, ampio, impreciso ma effficace, dalla A alla D), a fine luglio, non hanno ancora idea di quale categoria dovranno affrontare. C’è di tutto: i casi di Parma e Chievo in Serie A. Far retrocedere i crociati sarebbe ridicolo, ma tant'è. Aspettiamo fiduciosi che qualcuno dia un occhio a una stagione disastrosa per la Procura FIGC. I clivensi dovrebbero salvarsi grazie a un cavillo procedurale, ma anche lì siamo in attesa. In Serie B aspettano Palermo e un’altra (Venezia? Perugia?): come detto, possibilità poche, ma incertezza tanta. Poi c’è l’Avellino, anch’esso al varco per sapere cosa sarà. Ancora, le società (almeno due) che hanno presentato una fideiussione garantita Finworld nella serie cadetta. Ed ecco le porte della C: si aprono, si chiudono? Si fanno i conti dei ripescaggi, il TFN interviene e rimescola le carte, avanza il Novara, forse il Catania. Ternana e Siena erano pronte a duellare per un posto, i posti potrebbero essere due ma entrambe rischiano di rimanere al palo. Di quelle che dovrebbero arrivare dalla Serie D, poi, non parliamo neanche.

 

È un fritto misto dal retrogusto amaro. C’è chi spera in un ripescaggio impossibile: i tifosi del Bari, per esempio. E qui urge aprire un capitolo a parte, per storia personale e collettiva. Il calcio rischia di sparire a Bari, è una ferita aperta nel nostro calcio. Senza nulla togliere (anzi) alle altre di cui sopra, stiamo parlando della nona città d’Italia, della sesta area metropolitana del nostro Paese. Di una squadra che quattro anni fa rinasceva, a zero debiti.

 

In quattro anni si è passati dalla rinascita al disastro. Come sia stato possibile, qualcuno a un certo punto dovrà pur spiegarlo. Non abbiamo spiegazioni da dare, toccherà alla magistratura perché è il caso che scavi e scenda nel dettaglio. Ne riparleremo, in generale, tra poco. Ora a Bari serpeggia l’idea di un lodo, di uno spiraglio per poter ripartire quantomeno dalla Serie C. Lo ha dichiarato il sindaco Decaro, che si è fatto carico in modo onorevole di una situazione ingestibile. Le regole lo impediscono in maniera esplicita e dalle stanze della Lega Pro filtra chiusura totale. Non per dispetto, anzi: il Bari in C farebbe comodo al Bari e anche alla C. Ma le regole sono chiare e a furia di cambiarle in corso d’opera le storture non si raddrizzano certo.

 

Per carità, la parola finale spetta alla FIGC, commissariata straordinaria che di straordinario per ora ha fatto poco, a parte decidere con un organo e poi annullarsi la decisione con l’altro. Però bisogna che Bari faccia i conti con la responsabilità di chi ha portato nel fango il galletto. Senza escamotage, anche perché non è la Serie C o la Serie D a fare la differenza: Parma e Venezia insegnano, una società seria e ambiziosa in D è solo di passaggio. Non è la C, quello di cui il Bari e il nostro calcio hanno bisogno, ma di serietà, di un’idea del domani e del dopodomani, di soldi da spendere e investire, non dilapidare. Dovrà fare i conti, col suo passato e per il suo futuro, il Bari. Ma, a costo di essere ripetitivi, non è la C a fare la differenza. Dovrà fare i conti, a Bisceglie, anche il patron Canonico con un tentativo comprensibile, ma che gli ha messo contro la piazza. Il calcio non è solo denaro: è anche identità, dignità, rispetto. Cose che non si cancellano da un giorno all’altro con un colpo di spugna.

 

Torniamo al quadro generale: tra una settimana la Serie A presenterà (dovrebbe presentare) in pompa magna i calendari per la prossima stagione. Tra una settimana scadrà il termine per le richieste di ripescaggio (e quindi di ammissione delle seconde squadre) in Serie B e in Serie C. Un po’ dappertutto, non sappiamo chi ci sarà. E, gioco di parole a parte, chi ci dovrà essere non sa dove sarà, con la conseguenza che a stagione iniziata una ventina di squadre sulle 92 società che dovrebbero comporre i nostri tre campionati professionistici non sanno dove dovranno competere, con chi e per cosa. E che se un agente chiama un dirigente per proporgli un calciatore, non sa se il giorno dopo quel dirigente sarà ancora lì o avrà gli stessi programmi di oggi.

 

Possiamo scavare ancora più a fondo? Non vogliamo scoprirlo. La moria di squadre e il fioccare di ricorsi toglie tanto. Il Catania sogna la Serie B passando per l’aula di un tribunale, il Novara vince un ricorso, Ternana e Siena si vedono private di un diritto che comunque era acquisito fuori dal campo. La FIGC decide e disfa, ora aspettiamo gli appelli e i tempi si allungheranno, col paradosso che nella prima stagione in cui il calciomercato (di A) chiuderà prima, al 18 agosto i giochi potrebbero essere ancora tutti aperti. Provateci voi, ad appassionarvi a una roba del genere.

 

Cosa serve? Una lista di riforme così amplia che non possiamo riassumerla qui. La Covisoc aspetta da vent’anni che i requisiti siano resi più stringenti. Non solo: devono essere sostanziali. Bisogna scendere nel profondo, non ci si può fermare alla forma: una fideiussione, magari recuperata in extremis, non dice nulla sulla solidità di una società, sul futuro che può avere o non avere. Servono controlli economici più stringenti, serve un sistema che premi chi fa bene e punisca chi sbaglia. Serve, e torniamo a casi caldi di questa estate, ma non solo, sapere chi entra in società. Chi ci mette la faccia, e chi ci mette i soldi. E che l'una e gli altri siano puliti. In Premier League, per fare un esempio anche estremo ma giusto, stavano impedendo a Massimo Cellino di acquistare il Leeds per una vicenda di evasione fiscale per cui poi è stato assolto. Serve dare maggiore potere a chi controlla, a livello economico e non solo. Serve, ancora una volta, maggiore solidarietà di sistema. Serve ripensare ad alcune riforme recenti: quella della C, con la sparizione della C2, è stata un fiasco non solo di nome (dove per fortuna si è tornati al passato) ma anche di fatto. Serve anche una riduzione delle squadre? Forse sì, ma purtroppo quella è fisiologica.