Brescia dopo Ancona, ci risiamo: quando un cavillo cambia tutto

È finito che peggio non poteva, il playout di Serie B. E non c’è, purtroppo, molto da aggiungere, se non che con la rabbia di Salerno la Serie C eredita per l’ennesima volta una situazione delicatissima di cui non ha alcuna responsabilità. Conviene ricordarsene ogni volta che si semplifica l’analisi: il calcio italiano è, tutto, in una situazione di crisi strutturale e grave. Non aiuta, peraltro, che ci pare la concordia ordinum registrata a febbraio attorno alla rielezione di Gravina sia lì lì per sgretolarsi. Vedremo.
Intanto, con qualche differenza, anno diverso stessa storia. La stagione scorsa fece discutere l’iscrizione dell’Ancona, palesemente destinata a non andare a buon fine. Quest’anno è il Brescia di Cellino a ripetere il film. Se nel caso dei marchigiani la versione ufficiale è sempre stata legata alla convinzione che prima o poi i soldi dalla proprietà sarebbero arrivati, in questo caso - magari ci sbagliamo, ma pare di no - i margini stanno a zero, pare quasi una provocazione.
Il risultato concreto, a meno di sorprese, sarà che, esattamente come l’anno scorso, per integrare l’organico del campionato ci sarà un ripescaggio in più e una riammissione in meno. L’anno scorso Recanatese e Milan Futuro, quest’anno Caldiero e Ravenna: nomi diversi, stessi ruoli. Da queste parti sosteniamo da tempo che il tecnicismo andrebbe limato, che ci siano i margini per stringere la cinghia - il tema è federale, giova ricordarlo - su cosa sia una domanda di iscrizione e cosa no. È un cavillo, un tecnicismo, però per qualcuno fa tutta la differenza del mondo.
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