Il dato è tratto - Presidenti e allenatori: il progetto dove lo metto?

Il dato è tratto - Presidenti e allenatori: il progetto dove lo metto?
Oggi alle 00:00Il Punto
di Matteo Ferri

Progetto, progetto, progetto: quante volte abbiamo sentito dire questa parola a presidenti, direttori, allenatori e calciatori, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi categoria? Ma esiste davvero una progettualità, almeno in Serie C? Ed è vero che i presidenti del girone C sono mediamente molto più “mangia allenatori” degli omologhi dei raggruppamenti centro-settentrionali? Abbiamo provato a capire qualcosa in più prendendo in esame non l’intera storia di ogni club, ma solo l’arco temporale coperto dai presidenti attualmente in carica.

Iniziamo sfatando un luogo comune: al sud si esonera di più ma fino alla Linea Gotica non è che la situazione migliori più di tanto, mentre la decisa inversione di tendenza arriva soltanto nella fascia settentrionale del paese. Dati alla mano, la media di allenatori stagionali nelle squadre del girone B è di 1,74, nel C 1,75, nel girone A 1,13. Ma il numero spiega in maniera molto superficiale e va integrato per essere meglio compreso. Lo scostamento quadratico medio (l’indice che misura la dispersione dei dati attorno alla loro media) ad esempio, ci dice che nel girone B c’è una certa omogeneità mentre negli altri due raggruppamenti abbiamo esempi virtuosi ma anche qualche caso patologico di presidenza votata all’esonero sistematico. Nell’A, a far saltare il banco sono stati proprio gli ultimi arrivati, gli unici ad avere una media di allenatori stagionali pari o superiore a 2, ovvero Lecco (3 in un anno per Aliberti), Novara (una stagione e 2 allenatori per Boveri) e Triestina (sei allenatori in due anni sotto la disastrosa gestione Rosenzweig) mentre nel C le proprietà meno umorali sono anche tra quelle più longeve: a Picerno, lo zio d’America Donato Curcio ha mediamente mantenuto la guida tecnica per almeno una stagione e oltre (0,87), a Sorrento il presidente Cappiello, al timone dal 2016, ne ha cambiato poco più di uno a campionato (1,22) anche se la palma va a Giugliano, dove la famiglia Mazzamauro, in quattro stagioni ha avvicendato soltanto tre allenatori. Nel girone A, l’esempio dei tigrotti è quasi la normalità, tanto che ben nove club hanno una media inferiore a uno, con i casi più estremi rappresentati da Cittadella (0,25 dal 2009, anno di insediamento di Andrea Gabrielli), Giana Erminio (0,29, prendendo in esame il periodo dal 1994 ad oggi), senza contare la Virtus Verona dell’inesonerabile Gigi Fresco, da 43 anni presidente e allenatore rossoblù. 

Il tema della longevità delle presidenze va quasi sempre di pari passo sia con quello della durate delle gestioni tecniche, sia con quello della stabilità di rendimento del club.  La scoperta dell’acqua calda, direte voi, ma tradotta analiticamente rende ancora più l’idea del divario che c’è nel nostro paese e che si riflette anche nel calcio: nel girone B l’unica gestione ultraventennale è quella di Silvio Brocco a Pineto, seguita da Maurizio Sani (alla Pianese dal 2009), nel C spiccano il Crotone (dove la famiglia Vrenna gestisce più o meno ininterrottamente gli squali dal ’92) e il Benevento (Vigorito è alla guida dei giallorossi dal 2006), nell’A la situazione è totalmente differente. Fresco a Verona è tallonato da Oreste Bamonte (alla Giana dal 1985) mentre il biennio 1998-99 ha visto insediarsi Luigi Spreafico a Renate e Gianfranco Andreoletti all’Albinoleffe, senza contare il caso Cittadella, una questione tutta interna alla famiglia Gabrielli fin dal 1973, anno di fondazione del club. In tutti questi casi, non solo il dato sul numero dei cambi di allenatore è tra i più bassi dei rispettivi gironi, ma la continuità dirigenziale e tecnica ha permesso ai club di centrare i migliori risultati nella loro storia: dal palcoscenico della Serie A per Crotone e Benevento alle vette della B per Cittadella e Albinoleffe, passando per più modesti, ma non per questo meno onorevoli, piazzamenti di alta classifica in C per le altre. Insomma, quando un progetto c’è, si vede eccome.