Il fatto della settimana - La rivoluzione crypto sbarca alla Triestina: sarà svolta o solo un'illusione?

In una settimana che ha visto la Serie C navigare tra risultati sul campo e manovre dietro le quinte, l'evento che ha catalizzato l'attenzione di tutti – addetti ai lavori, tifosi e curiosi del mondo finanziario – è senza dubbio il clamoroso passaggio societario dell'Unione Sportiva Triestina Calcio 1918. A Trieste è, infatti, esplosa una vera e propria "bomba" che unisce il calcio al mondo delle criptovalute: l'ingresso della Dogecoin Foundation come principale azionista del club, attraverso il suo braccio operativo House of DogeTrieste e la controllata Dogecoin Ventures. Un'operazione che non solo segna una prima assoluta per il calcio europeo, ma che proietta la Triestina in un futuro incerto quanto affascinante, tra sogni di grandeur e prudenti interrogativi.
Partiamo dai fatti, nudi e crudi, per comprendere la portata di questa mossa. La Triestina, reduce da una crisi finanziaria profonda – con un passato recente di penalizzazioni per inadempienze, prestiti non rimborsati e un rischio fallimento che aleggiava come una spada di Damocle – ha trovato un salvatore inatteso nell'universo crypto. Tutto nasce da un prestito garantito di quasi 4 milioni di euro, raccolto da investitori tra cui la stessa Dogecoin Foundation, per evitare il tracollo post-gestione Lbk. Il mancato rimborso della prima rata da parte dell'ex presidente Ben Rosenzweig (ancora in carica, seppur dimissionario) ha aperto la porta a questa acquisizione. Dogecoin, nata nel 2013 da Billy Markus e Jackson Palmer, si è evoluta in un asset globale con una capitalizzazione di quasi 40 miliardi di dollari, sostenuta da una comunità appassionata e dal sostegno di figure come Elon Musk – il cui avvocato siede alla presidenza della Foundation. Aziende come Tesla accettano Dogecoin come pagamento, e ora questa valuta decentralizzata e open-source irrompe nel calcio, promettendo di integrare tokenizzazione, partnership e attivazioni culturali nel tessuto di un club storico.
Le parole del CEO di House of Doge, Marco Margiotta, racchiudono l'ambizione del progetto: "Il nostro investimento va ben oltre il calcio. Si tratta di connettere la comunità globale di Dogecoin con uno dei club più storici d'Europa e dimostrare che gli asset digitali possono generare valore, cultura e passione nel mondo reale". L'obiettivo è chiaro: unire l'orgoglio locale triestino alla rete internazionale di Dogecoin, investendo nel territorio per accelerare l'adozione della criptovaluta attraverso lo sport. House of Doge, fondata per espandere Dogecoin oltre le sue origini, non appare come un'avventura di improvvisati: nel suo CDA siedono figure di peso come Sarosh Mistry, presidente e CEO North America di Sodexo, e Michael Galloro, managing partner di Aloe Finance con 30 anni di esperienza negli investimenti. Questo conferisce solidità a un’operazione che, almeno sulla carta, punta a rilanciare un club reduce da un anno e mezzo in cui sono svaniti 25 milioni e i versamenti di liquidità sono arrivati solo a intermittenza.
Ma serve cautela: l’entusiasmo va bilanciato con il realismo. Nulla è ancora definitivo. Si attende infatti la ricostituzione del Consiglio di Amministrazione di Lbk e la nomina del nuovo presidente della Triestina, mentre incombe la scadenza del 16 settembre per i versamenti Inps e Irpef (circa 1,5 milioni relativi a maggio e giugno). La prudenza è inevitabile, soprattutto alla luce dei precedenti nel mondo del crypto-calcio. Per Dogecoin, la Triestina rappresenta comunque il “passo più ambizioso” in Europa, un tentativo di unire radici locali e innovazione digitale. Ma il settore, cresciuto in modo frenetico, ha attirato anche imprenditori improvvisati o poco affidabili, con rischi di instabilità. Trieste, con la sua storia ultracentenaria e una comunità appassionata, merita più di un esperimento: merita stabilità e progetti concreti.
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