Lega Pro unica? Non solo meno squadre, ma anche meritocrazia. Viva lo spettacolo e i tifosi sani: solo chi sbaglia deve pagare; i casi di Nocerina e Ascoli. Recuperare le fideiussioni dopo i fallimenti: si può...

Lega Pro unica? Non solo meno squadre, ma anche meritocrazia. Viva lo spettacolo e i tifosi sani: solo chi sbaglia deve pagare; i casi di Nocerina e Ascoli. Recuperare le fideiussioni dopo i fallimenti: si può...
Alì Lolli
© foto di @TLP
domenica 26 gennaio 2014, 09:00Il Punto
di Alì LOLLI
Alì Lolli, allenatore di base "UEFA B" ed ex calciatore professionista, con oltre dieci anni di Serie C e Lega Pro con le maglie di Teramo, Catania, Paternò, Lanciano, Padova, Grosseto, Ternana, Taranto, Cassino e Pomezia.

Stanno per finire i giorni più caotici dell'anno, quelli dedicati al calciomercato: a tutti i giorni, a tutte le ore. Ma sono anche le settimane della Nocerina e dell'Ascoli, in grande crisi ma con un grande attaccamento. Ed è anche tempo di iniziare a pensare come sarà la nuova Lega Pro.

Per Tommaso Ghirardi, presidente del Parma, la riforma che porterà alla Lega Pro unica doveva essere più netta: un taglio ancora maggiore per formare solo due gironi da 20 squadre. Sono ormai anni che, a malincuore, anche i calciatori sono favorevoli alla riduzione del numero di compagini: meglio poche ma sane, lo si è sempre detto negli spogliatoi dove ho giocato. Attenzione, però, a non mettere in pericolo, oltre a tanti posti di lavoro, anche la meritocrazia. L'Assocalciatori, un anno fa, in accordo con i sui tesserati, aveva accettato di buon grado il rinnovamento dei campionati con la promessa del ripristino della meritocrazia in campo eliminando gli under obbligatori ed il minutaggio. Un accordo da rivedere il prossimo anno: in questa stagione, infatti, l'introduzione del fuori quota e l'innalzamento dell'età media non bastano: servono altri correttivi.

A sorprendermi, però, è un altro fatto: la totale mancanza di volontà nel rimettere al centro del dibattito l'affluenza del pubblico e la crescita del livello della terza serie, un campionato con piazze e città dal potenziale simile ed in certi casi superiore a quelle di serie A e B. Sarebbe il caso, ora che ci avviamo ad una Lega Pro unica, di ridistribuire meglio le risorse dei contributi pubblici della legge Melandri, premiando le società in grado di portare un maggior numero di persone, famiglie e bambini allo stadio, e incentivando chi ottiene risultati sportivi con il settore giovanile grazie a una mirata valorizzazione dei giovani (che poco o nulla ha a che vedere con l'età media). Premiare i club che ottengono risultati con le loro Berretti potrebbe essere una soluzione valida e innescherebbe un circolo virtuoso perché tecnici e allenatori verrebbero scelti tra i più competenti. Riportare la meritocrazia in tutti i settori nei campionati minori, quelli dilettantistici inclusi, riaccenderebbe un effetto a catena a beneficio dei più importanti campionati di B ed A. Solo così il livello potrà migliorare, solo così il pubblico tornerà allo stadio, solo così si potrà limare, nel tempo, il gap che divide il campionato italiano da quelli esteri. Non è facile, sappiamo che i soldi non sono più quelli di una volta ma proprio per questo serve tanto coraggio. Da parte di tutti.

A proposito di stadi e tifosi anche la giustizia sportiva deve metterci del suo. La richiesta del Procuratore Palazzi, di volere estromettere la Nocerina dal campionato di 1^ Divisione in seguito ai fatti di Salerno mi ha colpito notevolmente. Al di là delle recenti vicende che hanno abbattuto la società mi chiedo: è mai possibile che per colpire pochi si debba penalizzare anche chi, e sono tanti, il giorno del famoso derby con la Salernitana, era munito di regolare tessera del tifoso e con tanto entusiasmo voleva assistere ad una giornata di sport? Questa decisione potrebbe portare ancora più frustrazione in una tifoseria che, attraverso dei gesti eclatanti e in taluni casi vergognosi e inaccettabili, ha voluto esprimere tutto il suo disagio nei confronti delle istituzioni. Ho seguito con interesse quella vicenda sui social network e ho la certezza che tra i tifosi della Nocerina c'è tanta gente per bene: il compito delle istituzioni non è quello di salvaguardarle? Far pagare tutti sarebbe un errore. Non si usa lo stesso metro con chi, soprattutto in serie A, tradisce società, mister, compagni di squadra e tifosi vendendosi le partite e lucrando sulla passione altrui.

Perché i tifosi sono capaci di gesti meravigliosi come ad Ascoli dove, nonostante lo spettro del fallimento, l'attaccamento alla maglia è tale e quale, se non superiore, a prima: la tifoseria ascolana con i fatti ha mostrato i grandi valori del calcio, unendosi attorno alla squadra. Un applauso va anche ai calciatori che, non solo tra i bianconeri ma in tante piazze, si impegnano con estrema professionalità nonostante la poca serietà dirigenziale.
Anche qui ci sarebbero da spendere molte parole, ma in sintesi mi viene da dire: possibile che ancora oggi molti presidenti non riescano ad affidarsi a manager e direttori in grado di salvaguardare il loro patrimonio? E soprattutto, perché a rimetterci devono essere sempre i giocatori? 
Ci sono passato anche io e voglio dare un consiglio agli atleti più giovani: ogni società per iscriversi ha l'obbligo di presentare delle fideiussioni a garanzia degli emolumenti dei tesserati. Queste fideiussioni devono essere escusse a prima richiesta, significa che in teoria, recuperando tutte le documentazioni necessarie, si possono avere parte degli stipendi prima ancora di fare richiesta al fondo di solidarietà. Ma molto dipende dalla figura interna che dovrà muoversi in breve tempo per arrivare al risultato. 
L'anno del fallimento del Pomezia, nel 2011, grazie alla preparazione del nostro direttore generale siamo riusciti a sbloccare le fideiussioni e recuperare i nostri denari molto tempo prima di quanto prospettatoci. È possibile che la burocrazia debba favorire i disonesti creando grossi problemi a chi li merita? Per tanti calciatori recuperare anzitempo i soldi delle fideiussioni significa tirare una boccata di ossigeno vitale. Sono periodi duri per i calciatori di terza serie e per l'AIC è già pronta una nuova sfida: sensibilizzare nel modo giusto i piu giovani, partendo dai settori giovanili. In un mondo di squali non ci si può gettare a mare senza conoscere i (nuovi) rischi del mestiere.