ESCLUSIVA TLP - Osvaldo Jaconi: "Sponsorizzazioni e regole sugli under? Due piaghe da eliminare. Occhio ai presidenti senza portafoglio. Io a casa? Non mi faccio imporre le scelte da nessuno"

Dopo aver letto il suo curriculum e averci parlato, non si capisce se sia più brillante l'uomo o la sua carriera. Per raccontare Osvaldo Jaconi e il suo pensiero servirebbe un libro a parte. E forse non basterebbe nemmeno. Integerrimo, preparato, umile, schietto, vincente. Soprattutto vincente. Il 67enne tecnico lombardo detiene, infatti, il record di promozioni: ben otto tra i professionisti e una tra i dilettanti. In pratica un decennio da primo della classe: Civitanovese, Fano, Castel Di Sangro, Savoia, Livorno, Leonzio, Lecco, Ivrea. Da nord a sud ha conquistato campionati o play-off, spesso da outsider. TuttoLegaPro.com lo ha voluto intervistare per farsi raccontare, attraverso i suoi occhi, i cambiamenti del calcio minore italiano.
Con nove promozioni lei è l'allenatore più vincente del professionismo italiano ma attualmente è a spasso. Strano vederlo, visto che tanti colleghi meno blasonati lavorano...
"Una delle prerogative che ho avuto e che forse mi ha precluso certe occasioni è che sono un allenatore scomodo. Quando una società mi affida una squadra poi la governo io, difficilmente faccio parlare qualcuno. Posso scambiare pareri, sentire opinioni di presidenti e direttori sportivi, ma alla fine non soggiaccio a niente. Non ho mai sposato né un direttore né un procuratore, ho fatto sempre tutto per conto mio. Chi prende Jaconi sa come lavora e sa come ragiona quindi sa che non farà giocare chi porta lo sponsor. Di sicuro non avrò mai delle rose extra-large. Preferisco avere giocatori più duttili per far risparmiare la società e fare un miglior gruppo. Adesso invece fa interesse avere anche quelli che non servono. In certe categorie circolano dei personaggi un po' particolari per non usare termini più pesanti. Non ho mai avuto mentori che mi trovassero squadra. Ho lavorato grazie al passaparola, non ho mai dovuto ringraziare nessuno per avermi trovato una società. Se mi fossi legato a qualcuno magari a quest'ora sarei ancora in sella. Si va avanti per conoscenze ed amicizie, ormai si cerca di spendere pochi euro e per questo si inizia a parlare di mister che portano lo sponsor.
Io da allenatore non devo far guadagnare soldi a nessuno. Non devo prendere giocatori per il presidente, per il diggì, per il diesse o per me. Li devo prendere per la società in generale. Secondo lei troverò lavoro pensandola in questo modo?"
Ha quindi avuto sentore di sponsorizzazioni?
"Ci sono sicuramente nei dilettanti, non so se questo brutto fenomeno è arrivato anche al livello professionistico. Sento addirittura parlare di tariffe per giocare un certo numero di presenze o collezionare un tot di panchine. Mi lascia interdetto che i genitori paghino per far giocare i propri ragazzi. Non proprio un buon metodo educativo. Non ne capisco il perché, forse i padri avrebbero voluto una carriera e riversano i propri desideri irrealizzati sui figli. In questo modo viene cancellato il sacrificio: una volta cercavi di fare il massimo per farti notare dal mister".
Non sembra molto convinto delle disposizioni attuali sui giovani...
"Sono contro a una legge iniqua come quella degli under. Oggi come oggi vanno avanti anche gli incapaci che poi si illudono, convinti di essere grandi giocatori per poi ritrovarsi a 23 anni senza lavoro. Se magari avessero smesso a 17 anni sarebbe stato meglio per loro e per gli altri. Perché creano rimpianti in chi, pur meritevole, viene messo fuori solo per la carta d'identità. Senza dimenticare che, come detto in precedenza, anche fra gli under c'è una grossa componente di sponsorizzati. Quindi eliminando l'obbligo dei giovani in campo si potrebbero risolvere due problemi in un colpo solo, ripristinando la meritocrazia soprattutto sulle corsie: i più giovani spesso sono i più scarsi sotto il piano della tecnica ma sono bravi a correre. Quindi l'esperto terzino rimane a spasso.
Quando giocavo io era diverso. A quell'epoca, si parla di anni '60, quando ancora esisteva il semiprofessionismo. Esordii in Serie D nel Seregno a 17 anni perché meritevole, non perché obbligato a scendere in campo.
Una volta constatato che dall'inserimento della regola sugli under, statistiche alla mano, l'80% di loro non prosegue più nella carriera calcistica o lo fa in categorie inferiori, bisognerebbe capire che sarebbe una regola da eliminare. Indirettamente gli under scarsi possono creare problemi a mister ed esperti perché possono farti perdere le partite, facendoti magari sfuggire un rinnovo di contratto o portandoti all'esonero. A una certa età dovrebbero aspettarti nella crescita e invece questo non accade, scendendo così in campo con la paura.
Racconto un aneddoto. Allenavo in Interregionale, a fine ritiro chiesi a un ragazzo che arrivava dagli Allievi: 'Hai visto che impegno serve in allenamento per giocare in Serie D? Ti senti pronto per una quarta serie?' Lui mi rispose: 'No mister, onestamente no. Però la carta d'identità mi permette di sperare'. Non per il sacrificio, non per la forza di volontà. Andava avanti semplicemente per l'età.
C'è anche un altro fatto che mi lascia perplesso. Onestamente non capisco come facciano a giocare 4 giovani in Serie D e solo 2 in Eccellenza. Dovrebbe essere il contrario. Per me i dilettanti subiscono pressioni dall'alto per inserire i giocatori che arrivano da Primavere e Berretti varie. Quindi non sono nemmeno della società che li impiega. Se vengono da fuori che utilità può esserci? Si lavora per altri".
Perché in Lega Pro ogni anno tanti giovani vengono prima ingaggiati per poi essere sostituiti, dopo pochi mesi, da allenatori più esperti?
"Sempre più presidenti sono legati alle loro società di calcio non per motivi di cuore ma per motivi economici. E da imprenditori cercano sempre di fare il massimo con il minimo sforzo possibile. Lo facciamo tutti nella vita. Poi, però, può succedere che chi spende meno spende di più. Inoltre ci sono presidenti che non ne capiscono molto di calcio e si affidano a presunti esperti calcistici. Gli stessi che poi hanno giocatori in due squadre diverse e quando i team si incontrano nascono i sospetti. Per me il procuratore non dovrebbe servire a trovar squadra ma a curare l'immagine del suo assistito. Adesso invece non funziona così.
Lo ricordo con il sorriso: quando ero un allenatore alle prime armi molti sedicenti esperti si avvicinavano dandomi nomi di giocatori e rassicurandomi sulla loro grande forza. Io rispondevo loro: se sono così bravi perché non li tenete voi? Avessi mai sentito uno di loro dirmi che un loro calciatore era scarso (ride NdR). Io non scelgo solo un mediano, una punta, un portiere. Scelgo uomini adatti a quella piazza. Magari scelgo un centrocampista più scarso ma che regge meglio la pressione rispetto a un collega più talentuoso. Giocare davanti a 400 o 4mila persone è completamente diverso. Io alleno i giocatori dal collo in su. A tutto il resto ci pensano il mio vice e il preparatore di turno. Io mi occupo del computer di un calciatore: cerco di capirlo per poi prendere una decisione.
Inoltre c'è una nuova caratteristica dei neo-presidenti: alcuni di loro sono addirittura a libro paga della società. Altri invece non sono del posto: se devono fare qualcosa di poco chiaro non ci pensano due volte, differentemente da chi in quel luogo ci vive. Diventa un business, la passione viene messa in secondo piano. Mi ha fatto molto piacere cosa ha fatto Zanetti a Bologna. Per evitare che la squadra andasse in mano agli americani ci ha pensato lui. Ha rifiutato a lungo, per poi accettare perché gli sarebbe dispiaciuto non vedere un bolognese alla guida della squadra della sua città. Questo vuol dire che c'è ancora qualcuno che, con un'educazione di un certo tipo, ha ricordato i veri valori del calcio. Adesso, invece, c'è anche il fenomeno dei patron senza soldi, basti guardare le cronache degli ultimi anni".
Facendo un raffronto tra passato e presente, ci sono mosse attuate in campo che non potrebbe rifare?
"Penso alla doppia promozione in Serie B del Castel di Sangro. De Juliis, che era under, lo promossi titolare in C1 dopo esser stato riserva in C2. Avendo confermato la stessa difesa potevo permettermi di inserirlo dai pali in un campionato del genere. Ma per quei famosi rigori scelsi Spinosa: mi sembrò più esperto e pronto per i tiri dal dischetto. Di sicuro se al posto suo avessi avuto un ragazzino non avrei fatto quel cambio e magari quella partita non sarebbe finita così bene per noi.
A Fano, ad esempio, l'esperto De Iorio venne squalificato per quattro giornate. Al suo posto giocò il suo secondo, Grilli, molto giovane. Per 20 partite fu titolare. Sa cosa mi disse Di Iorio? Che era giusto facesse panchina perché il suo collega stava facendo benissimo. Si dimostrò un gran uomo e non a caso lo scelse Guidolin per il suo staff. Le ultime partite, però, cambiammo di nuovo. Troppa pressione sul ragazzo, i play-off li fece il più esperto. E quel mio giovane era bravo a differenza di tanti titolari odierni..."
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