ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente : Fausto Silipo

Nel quartiere del centro storico di Catanzaro chiamato "Stella" - per la forma dei suoi vicoli che visti dall'alto sembrano appunto formare una stella - il 13 febbraio del 1949 nasceva Fausto Silipo.
In questi piccoli quartieri - classici del sud Italia - dove ogni amore notturno o discussione diurna sono sulla bocca e sulle orecchie di tutti, dove non c'è bisogno del chiacchiericcio, perché tutto ha un suono ben preciso e se non ci fosse verrebbe a mancare la poesia, Fausto cresce felice e inconsapevole che la storia del Catanzaro avrebbe avuto anche lui come protagonista.
Anno 1967 l'esordio in prima squadra, prima di allora la trafila nelle giovanili del Catanzaro. Questo è l'inizio di una lunga storia d'amore che lega a filo doppio Fausto Silipo e la città delle aquile. Quando entra a far parte del gruppo dei più grandi, i giallorossi vivacchiavano in B a ridosso della zona retrocessione. Per questo catanzarese doc giocare con i colori della squadra della sua città era il massimo che si potesse immaginare.
Stiamo pur sempre parlando della fine degli anni '60 e l'Italia era ancora un paese che continuava il suo percorso verso un futuro migliore, ma la cenere accesa non prometteva nulla di buono. Il lusso era per pochi e i sogni stessi costavano poco. Il calcio era lo sfogo domenicale delle persone e non c'era l'imperversare della tv a tutte le ore a rubare il sonno degli italiani. Durante la settimana lavoro, la domenica chi poteva andava allo stadio per passare due ore spensierate e sfogare i propri bassi istinti con urla disumane contro l'unico malcapitato della giornata: l'arbitro.
Fausto Silipo ha vissuto un'era romantica, di domeniche vissute tutte insieme appassionatamente, dove non esistevano esclusive per le domande e i giornalisti entravano fin negli spogliatoi e tutto (o quasi) era consentito.
Lo intervistiamo in un caldo pomeriggio di luglio e la sua voce non perde quella flemma elegante del signore che è sempre stato.
Con lui vivremo il 36° appuntamento con "Mi ritorni in mente", lo spazio che TuttoLegaPro.com dedica ogni due settimane - da un anno e mezzo a questa parte - al "vintage", a quei protagonisti che hanno scritto pagine importanti di club che attualmente militano in Lega Pro. Ed in questa intervista esclusiva ripercorreremo una carriera tutta a tinte giallorosse.
Mister, fermo ai box in attesa di chiamata. Il suo destino come quello di tanti.
"E' diventato difficile questo mondo. Non vale più ciò che hai fatto, ma valgono cose ben diverse. Oggi devi portare sponsor per poter lavorare. Non è più il calcio di un tempo".
Ci arriveremo a quel calcio. Lei però la scorsa stagione fece molto bene a Matera, ma...
"Dice bene: "ma". Otto partite e sei successi, ma non sono bastati, visto che il presidente mi ha cacciato. Un'esperienza bellissima dal punto di vista umano, ma non del tutto da quello professionale".
Nemmeno più i risultati salvano una panchina.
"E' divenuto un brutto mondo questo. Siamo in attesa di una chiamata, vedremo cosa ci riserva il futuro".
Lei nasce nel quartiere "Stella" nel 1949.
"Anni spensierati, dove l'unico divertimento era il pallone tra i piedi. Nascevi con quello già prima di arrivare al mondo".
Inizia giovanissimo e da quel momento solo Catanzaro.
"Avevo sei anni quando inizio a giocare con i pulcini giallorossi. E' stato tutto molto bello. Un'infanzia che mi ha lasciato un vuoto enorme, ma nella sfortuna ho trovato persone che mi hanno voluto davvero bene".
Di cosa parla?
"Parlo della scomparsa di mio padre. Avevo 12 anni quando è passato a miglior vita e da allora sono finito sotto l'aurea protettrice del presidente Ceravolo. Un uomo d'altri tempi che in questo calcio non so quanto potrebbe durare. Divenne il mio padre putativo e mi mandava a giocare i tornei con varie squadre, tra cui l'Almas Roma - club dilettantistico laziale da dove sono usciti fior di giocatori (vedi il "Principe" Giuseppe Giannini), dove ho vinto un trofeo importante per quegli anni. Però Ceravolo ci teneva molto a me. Mi mandava in giro, ma non mi cedeva mai. Venni a sapere a distanza di anni che qualche richiesta per me c'era stata, ma non volle mai saperne di darmi via".
Lei esordisce nel 1966/67.
"Sì, credo di sì. Sono passati tanti anni".
Un calcio che noi ricordiamo in bianco e nero.
"Ma molto più vero di quello attuale".
Cosa le manca di quel calcio, se c'è qualcosa che le manca?
"Era una magia quel periodo storico. Lei pensi che tutte le partite si giocavano in contemporanea e si doveva tornare a casa per sapere i risultati delle altre. Non c'erano le tv di oggi, così ogni volta era una lenta processione".
La poesia del calcio.
"Esattamente".
Lei è stato il primo catanzarese a giocare in serie A con il Catanzaro.
"Vero! Ed era un orgoglio particolare, perché tutti i calabresi, ma proprio tutti, facevano il tifo per noi. Eravamo il motivo di vanto per i tanti che sono emigrati al nord per lavoro. Le racconto una cosa...".
Prego.
"Quando si andava al nord e riuscivamo a fare risultato contro uno degli squadroni del tempo - che poi non sono mai cambiati - sentivi il profumo dell'impresa e la gente sorrideva, consapevole che il giorno dopo nelle fabbriche, al lavoro, poteva gonfiare il petto perché "u Catanzaro" li aveva resi uguali ai polentoni. Questi avevano come una specie di diritto di superiorità sugli immigrati e il Catanzaro era il loro motivo di rivalsa, anche sociale se vogliamo usare questo termine".
Uno dei tanti protagonisti di quel primo Catanzaro in serie A fu Adriano Banelli. Questi ci raccontò di quel famosissimo Catanzaro-Juventus 1-0, campionato 1970/71 ma lei non c'era.
"Eh sì! Quella domenica ero infortunato e ho perso una grande occasione".
Senta Silipo, a lei vogliamo chiedere: tolti Zamparini e la famiglia Tesoro, il resto di imprenditori del sud è rimasto Lillo Foti a Reggio Calabria con la Reggina, Aurelio De Laurentiis con il Napoli, Cellino con il Cagliari e appunto Cosentino per il Catanzaro. Quindi la domanda è d'obbligo: si può riportare il Catanzaro in A?
"Ci vuole fortuna nel calcio di oggi e la forza economica giusta per riuscire in un'impresa simile. Spesso ci penso e credo che i tempi non siano poi così maturi per un evento simile".
Cosentino ce la sta mettendo tutta, ma...
"C'è il problema dello stadio, del bacino d'utenza. Catanzaro per quanto vuoi espanderti, quello è. Difficile andare oltre. Quello fu un miracolo, ma erano anni completamente diversi, con il rispetto degli uomini e delle regole".
Rispetto delle regole, va bene, però non può negare che qualcosa lo pagavi in campo con la giacchetta nera. O no?
"Certo! Su questo non c'è dubbio. Qualcosa vuoi o non vuoi lo pagavi. Era un calcio diverso, quindi la gerarchia andava, in un certo senso, rispettata".
Lei ha lavorato negli ultimi anni con Claudio Ranieri.
"Sì come osservatore: quando ha allenato Inter e Roma".
Che personaggio è Ranieri?
"Persona signorile, come lo è sempre stato in tutto l'arco della sua carriera, prima da giocatore e poi da allenatore".
Signore, ma... per una donna si direbbe: "E' bella ma non balla". Oggi vanno di moda gli allenatori che spremono: vedi Conte e Mourinho. Finito il succo del limone devono cambiare squadra.
"Sono d'accordo con lei, ma se non hai gruppi che ti seguono come un sol uomo, puoi ben poco. E non credo che Claudio (Ranieri, ndr) abbia vinto poco. Con il Chelsea non avrà vinto, ma ha iniziato un viatico su cui gli altri hanno poi raccolto i frutti. Al Valencia ha vinto la Coppa del Re che in Spagna è vissuta quasi come qualcosa di meglio della Liga stessa. Magari non è un divo da telecamere, ma i suoi risultati li ha ottenuti".
Senta, a proposito di risultati: il calcio italiano negli ultimi anni stenta a tirar fuori giovani talenti. D'accordo sulla finale dell'Europeo Under 21, ma arrivati in fondo ne prendiamo quattro dalla Spagna. Se uno come Thiago Alcantara gioca titolare nel Barcellona a poco più di venti anni, in Italia uno della sua età marcisce in Lega Pro.
"La sua domanda è pertinente, ma non è facile lavorare con i giovani in questi ultimi anni. Lei pensi che oggi i ragazzi vengono istruiti più sotto l'aspetto tattico e meno sotto quello tecnico. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti".
Onestamente lei ha ragione. Ci è capitato di vedere partite di Lega Pro o della stessa Serie B, dove i ragazzi hanno un'ottima conoscenza della tattica, ma dal punto di vista tecnico lasciano molto a desiderare.
"Concordo in pieno! Oggi però puntando sulla quantità, si perde di vista la qualità e un giovane che potrebbe esplodere, si perde nel mare magnum del vuoto che c'è intorno a lui".
Senta, ma lei un pensiero a tornare a Catanzaro non ce lo fa?
"Vivo a Roma da tanti anni ormai, ma per il Catanzaro lo farei sì un pensiero a tornarci. Per loro ho lasciato un posto in Federcalcio ed ero in orbita Under, ma quando scegli con il cuore, spesso ti sbagli e non andò bene quell'esperienza. Sono convinto che un'altra occasione la avrò. Almeno per rifarmi".
La sua gioia più bella con quella maglia?
"Il gol a Terni contro la Ternana al novantesimo che ci ha consentito nel 1969/70 di poterci andare a giocare gli spareggi per la Serie A".
A Napoli contro il Bari, vero?
"Sì! Ricorda molto bene. Avevamo perso a Bologna, se non ricordo male contro l'Atalanta. Quel giorno a Napoli penso che si mosse quasi tutta la Calabria. Fu qualcosa che non si dimentica".
Prossimo appuntamento con "Mi ritorni in mente": 4 agosto.
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