Intervista TC

Bonetti: "Il Renate ha creduto in me, qui ho ritrovato la fiducia"

Bonetti: "Il Renate ha creduto in me, qui ho ritrovato la fiducia"TMW/TuttoC.com
© foto di Alberto Peruzzetto
Oggi alle 14:00Primo piano
di Laerte Salvini

La rinascita di Andrea Bonetti è passata dalla provincia, lontano dai riflettori ma vicina all’essenza del calcio. Nato a Torino, cresciuto con la maglia della Juventus cucita sul petto, ha attraversato l’intero settore giovanile bianconero cullando il sogno del professionismo. Un percorso brillante, poi il brusco risveglio: tra l’Under 23 e una parentesi a Taranto, due anni avari di soddisfazioni. A Renate, lontano dalla grandeur juventina, ha trovato lo spazio per ritrovarsi. Qui, sotto la guida di Foschi, ha messo da parte l’estetica per abbracciare il sacrificio, trovando quella continuità di gioco che mancava da troppo tempo. E l’ultima stagione ha mostrato a tutti le qualità del metronomo dei nerazzurri. Dalla brianza è ripartita la corsa di Bonetti, per tenere in alto quel Renate che ha dato una seconda chance al classe 2003. Per iniziare un nuovo capitolo, Andrea Bonetti si racconta in esclusiva a TuttoC.com.

Come hai vissuto l'ultima stagione? Sia personalmente che per il Renate possiamo parlare di un risultato a sorpresa.

"Personalmente è stata una stagione positiva, io venivo comunque da due o tre anni abbastanza complicati, tra la Juventus, il prestito al Taranto e poi il niovo ritorno alla Juventus. Fortunatamente il Renate ha creduto in me: ho firmato un contratto di tre anni, nonostante avessi passato due stagioni abbastanza particolari, giocando poco a causa di svariati problemi. Quindi, a mio parere, la scorsa annata è andata molto bene, soprattutto a livello personale, perché ho giocato parecchie partite. Sicuramente non me l’aspettavo, perché avevo pochi minuti nelle gambe negli anni passati. Sono contento del mio rendimento e, soprattutto, di quello della squadra. Anche se siamo usciti in un modo abbastanza brutto – con due risultati su tre saremmo potuti andare agli ottavi delle fasi finali – ci siamo fatti fregare all’ultima e ci è rimasto un po’ di amaro in bocca. Ma abbiamo comunque fatto una stagione super positiva e di questo ne sono molto contento."

Una cosa che ha colpito chi vi ha seguito è stata la vostra solidità difensiva e lo spirito di sacrificio. Questo atteggiamento difensivo è stato più un limite, pensando alle tue caratteristiche, o la forza giusta  per mantenervi in alta classifica?

"Sicuramente, su questo punto ne parlavamo spesso anche nel gruppo, nello spogliatoio. A lungo andare sembravamo una squadra molto compatta e, secondo me, quello ha fatto la differenza: ci ha permesso di dire di aver fatto un buon campionato, arrivando quasi quarti e giocarci tutto fino all’ultima giornata. Quindi sì, quella è stata la nostra forza. Posso essere d’accordo sul fatto che magari ho caratteristiche più adatte a una squadra che gioca di più con la palla. Però sono un ragazzo, un giocatore che si adatta facilmente alle esigenze dell’allenatore. In questo caso, la priorità era la solidità, e poi magari ripartire in contropiede ed essere cinici quando c’era l’occasione. Anche perché durante le partite non avevamo chissà quante occasioni e dovevamo essere bravi ad essere concreti per capitalizzarle. Se devo risponderti se mi abbia penalizzato: magari un pochino sì, però mi sentivo bene nel gruppo anche non facendo quello che mi riesce meglio. Questo era l'aspetto importante."

A tuo avviso il fatto di vivere in una piazza con meno pressione rispetto a realtà che hai vissuto in passato, vi ha aiutato ad affrontare tutto con più tranquillità?

"Quando un giocatore si trasferisce in una squadra, cerca sempre le giuste pressioni: possono venire da fuori, dai tifosi, dalla capienza dello stadio o dall’importanza delle partite. Posso dirti che questo, a livello personale, mi ha aiutato. Venivo da una stagione con poche partite, quindi giocarne molte di più mi ha dato tranquillità. Però, a lungo andare, quando ho iniziato a prendere fiducia in me stesso e vedevo che anche la squadra me la dava, quelle pressioni da parte dei tifosi, la competitività… un po’ mi sono mancate. Ad esempio, quando siamo andati a giocare a Vicenza o a Padova, in stadi dove si sente l’atmosfera, l’abbiamo percepita. In casa nostra, anche se c’era un po’ più di gente, non era la stessa cosa. A me quella pressione lì ha sempre dato qualcosa in più. Quindi sì, all’inizio mi sono rassicurato, ma quando prendi fiducia in te stesso, secondo me, un po’ di pressione giusta ci deve essere."

Il tuo passato in bianconero racconta di un ambiente dove la pressione è costante. Quanto ti ha forgiato l’esperienza alla Juventus, da piccolo fino all’Under 23?

"Io sono alla Juventus da quando ero molto piccolo, penso da 12 anni. Sono super onorato e orgoglioso di aver fatto parte di una società del genere e non posso che ringraziare per le belle parole nei loro confronti. Mi ha forgiato tanto, mi ha cambiato, soprattutto negli ultimi anni: sono diventato più grande, più uomo, più sicuro di me stesso. Anche se, cinque o sei anni fa, se mi avessero detto che non avrei più fatto parte della Juve, mi sarei messo le mani nei capelli. Ora invece sono contento, mi sento anche un po’ più libero. Come dicevi tu, far parte di una società così ti porta ad avere sempre quella sensazione di dover dare di più, come se non bastasse mai. E dirlo a un ragazzo di 17 o 20 anni pesa. Quindi adesso sono davvero molto contento di aver intrapreso questa nuova avventura con il Renate e mi godo ogni momento con questa società."

Restando su quella fase, nel periodo in cui eri alla Next Gen c’erano molti giocatori che oggi sono già stelle. Hai condiviso lo spogliatoio con gente come Illing, Yildiz e altri. Che effetto fa vederli esplodere?

"Sì, ne hai citati giusto due, ma ce ne sono molti altri. Potremmo stare qui tutto il giorno a elencarli. Sono super contento di aver condiviso emozioni in campo e fuori con loro: conversazioni, consigli, anche solo vederli giocare. Soprattutto giocandoci insieme capisci veramente la qualità e la bravura di ogni singolo giocatore. L’effetto che mi fa non è assolutamente di gelosia o di invidia. Anzi, sono super contento di aver fatto parte di un progetto del genere, così ambizioso. Cercavo sempre di prendere uno spunto in più, magari da qualità che non avevo io. Ho sempre cercato di apprendere, non di legarmi alla gelosia."

Tornando al presente, possiamo dire che Renate è stato un po’ l’anno della tua rinascita. Chi ti è stato vicino in questa stagione?

"Questa è una bella domanda. A primo impatto mi sono sentito un po’ fuori luogo in un certo senso, nella mia testa ero un ragazzo che arrivava da una società blasonata, quindi magari potevo essere visto in modo diverso. All’inizio lo sentivo, lo ammetto. Poi, piano piano, conoscendo i compagni e facendo amicizia soprattutto fuori dal campo – perché poi lo trasmetti anche in campo – le cose sono cambiate. Ci sono stati tanti ragazzi più esperti di me che mi hanno dato una mano. Magari all’inizio c’erano dei diverbi, come succede ad esempio nei ritiri. Ogni elemento della squadra è stato fondamentale, ma tra questi posso citarne alcuni in particolare: Auriletto, che è stato il capitano nella seconda parte di stagione, o Bocalon, che con la sua esperienza mi ha dato tanti consigli, standomi sempre vicino. Poi, nell’ultimo periodo, anche Esposito, che è tornato a gennaio dopo un problema al ginocchio. Mi sono trovato subito in sintonia con lui, anche se giocavamo nello stesso ruolo e potevamo essere in ballottaggio. Ma quello veniva dopo. Sono contento che dopo averci passato del tempo, le cose siano cambiate rispetto all’inizio. E spero ora di fare io quello che hanno fatto loro con me, con qualche giovane, anche se mi reputo ancora giovane d’età, ma un po’ più esperto per quello che ho vissuto."

Il presente sarà ancora al Renate. Da dove riparti per la prossima stagione?

"Con il Renate ho ancora un legame contrattuale e non potrei essere più felice che vivere un’altra stagione con questa maglia. Vorrei continuare su questa scia positiva che mi ha accompagnato l’anno scorso e fare ancora più partite. Ne ho disputate tante, ma sono stato fuori altre volte, e ci poteva stare: venivo da due anni in cui avevo giocato poco. Vorrei anche segnare qualche rete, andare a referto, cosa che non mi è riuscita l’anno scorso. È una cosa che mi è rimasta un po’ in gola. E soprattutto, fare prestazioni di livello e qualità: non solo giocare tante partite, ma giocarle bene, meglio dell’anno scorso."