Tutte quelle trasferte vietate, ma i tifosi non erano il bello del calcio? Se lo Stato rinuncia a fare lo Stato…

20.02.2023 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Tutte quelle trasferte vietate, ma i tifosi non erano il bello del calcio? Se lo Stato rinuncia a fare lo Stato…
TMW/TuttoC.com

I tifosi della Fidelis Andria ci hanno messo un po' a capire perché non potessero andare a Messina. Immaginiamo, con un pizzico di realismo, che per svariati motivi non sarebbe stato neanche un esodo di massa. Ma tant'è. Alla fine, una vera spiegazione non è nemmeno arrivata, soltanto qualche ipotesi un po' cervellotica relativa a un potenziale incrocio con i catanesi in viaggio per Locri. Di sicuro, dalla Puglia nessuno ha potuto assistere alla partita, mortificando ulteriormente uno 0-0 che non ha cambiato la stagione delle due formazioni.

È successo lo stesso, soltanto in questo weekend, per Foggia-Juve Stabia, vietata ai residenti nella provincia di Napoli. Ma anche per Taranto-Cerignola, interdetta a chi vive nella provincia di Foggia. E ci limitiamo, giova ripeterlo, all'ultimo turno del campionato di Serie C: se allarghiamo lo sguardo all'intera stagione, finora continua ininterrotto il profluvio di trasferte vietate ai tifosi ospiti. Statisticamente, vista la sua grandissima diffusione su tutto il territorio nazionale, la terza serie è il campionato che ne risente in misura maggiore, anche se non è un problema legato soltanto alla Lega Pro.

La stretta sulle trasferte, ufficialmente, deriva dai fattacci relativi agli scontri fra i "tifosi", virgolette obbligatorie, di Roma e Napoli. Intendiamoci: che quella roba lì col calcio non c'entri nulla e che servano provvedimenti, non serve neanche dirlo. Però di fatto questa linea "decisionale", e anche qui le virgolette sono d'obbligo perché vietare a priori non è decidere, affonda le sue radici in tempi ormai lontani. Ne abbiamo già scritto diverse volte, anche subito dopo il ritorno del pubblico negli stadi dopo la pandemia. In quelle settimane, ci siamo raccontati che il bello del calcio fossero i tifosi. Poi abbiamo assistito alla regolare e costante tendenza a impedire agli spettatori di partecipare, nel senso di essere parte di questo sport. Un controsenso, tanto più che nella maggior parte dei casi risulta davvero complicato capire le ragioni di alcuni divieti.

Più in generale, senza entrare nelle competenze degli organi deputati a questo tipo di valutazioni, decidere di vietare a priori rappresenta tutto fuorché una vittoria dello Stato sui violenti e sugli ultras. È semmai una sconfitta per chi dovrebbe consentire che certi eventi si svolgano senza il contorno di comportamenti illeciti a cui troppo spesso assistiamo. Lo Stato fa lo Stato se riesce a gestire le trasferte, a punire i violenti, a far partecipare i tifosi veri. Altrimenti, rinuncia a una delle sue funzioni basilari e così, sempre col massimo rispetto, siamo bravi tutti. È una battaglia di civiltà, sulla quale crediamo sia opportuno che il calcio italiano, a tutti i suoi livelli, si faccia sentire. Il pallone non è soltanto una parte rilevante del PIL italiano, è molto altro. E in ogni caso, anche dal punto di vista economico, gli stadi mezzi vuoti non fanno di certo bene a nessuno.