ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente : Emanuele Pesaresi

ESCLUSIVA TLP -  Mi ritorni in mente : Emanuele PesaresiTMW/TuttoC.com
© foto di Federico De Luca
domenica 18 gennaio 2015, 22:30Interviste TC
di Daniele MOSCONI
75^ appuntamento

Da qualunque posizione la guardi, la porta di un campo di calcio è il fulcro di questo gioco. L'altra sera una partitella tra amici, urla e incitamenti, fiato che vedi uscire fuori nel vapore da bocche affamate di una passione infinita. Il protagonista è sempre lui: il gol. Si vive in quella ora di divertimento per segnarne uno più degli altri e a fine partita la doccia è il giusto premio. 

Il protagonista di questo appuntamento numero 75 con "Mi ritorni in mente" è Emanuele Pesaresi, difensore che ha giocato per tanti anni in A con le maglie di Sampdoria, Napoli, ma soprattutto ha indossato la maglia della sua città: Ancona. Ha chiuso con il calcio giocato da un paio di anni (ultima stagione la 2011/12 in D con i dorici) dedicandosi ad un lavoro diverso (più avanti scopriremo quale), ma non chiudendo del tutto ad un possibile ritorno nelle vesti di dirigente. Le luci dei riflettori si sono spente e per chiudere con il passato poteva organizzare un'amichevole per concedarsi come tanti ex calciatori.

Emanuele Pesaresi ha fatto una scelta diversa: ha chiuso l'armadietto con una lettera dedicata alla squadra del suo cuore, immaginando di terminare un allenamento, l'ultimo, correndo palla al piede fino all'ultimo spogliatoio della sua carriera.

Dicevamo di questa lettera, scritta a cuore aperto senza infingimenti, a maggio 2012:

"Cari amici

L'altra sera a cena ho solo detto una parola: Lascio. E mi sono piovute addosso centinaia di manifestazioni di stima, affetto, amicizia che mi hanno commosso. 
Credo che per ringraziare tutti quelli che in questi più di vent'anni di calcio mi sono stati vicino non basterebbero centinaia di pagine. Li ricordo tutti con grande gratitudine. Ma vorrei ringraziare soprattutto che mi è stato accanto in queste ultime stagioni, chi mi ha dato l'opportunità, dopo sedici lunghissimi anni, di tornare ad indossare i miei amatissimi colori biancorossi, quelli della mia città, quelli dell'Ancona. E il ringraziamento più sincero va al presidente Andrea Marinelli, che già mi accolse come un principe, insieme ai suoi collaboratori, nel Piano San Lazzaro, società certo meno famosa di quelle che avevo frequentato, ma ugualmente nobile e gloriosa.
Grazie presidente Marinelli, e grazie a Gilberto Mancini, Bruno Fossatelli, al dottor Stefano Stronati, a Rosario Marchegiani, a Simone Ricci, a mister Marco Lelli, a mister Maurizio Carbonari, ad Angelo Bonfitto e agli altri segretari, a Donato Andreucci, Daniele Mascellini, Claudio Comirato, grazie a Fausto Venatori, a Marco Osimani, Mirco Moscianesi, Giannetto Fringuelli.
Magari ne dimentico qualcuno, ne chiedo scusa, ma il ringraziamento è davvero per tutti. E grazie a tutti gli altri, allenatori, tecnici, compagni di squadra, quelli degli ultimi anni soprattutto. Grazie agli straordinari tifosi dell'Ancona, con i quali ho condiviso gioie ed amarezze. Da oggi come sempre, sono uno di voi.Voglio dare un bacio ai miei figli e dire grazie a mia moglie per tutto quello che mi ha dato e per tutto quello che il calcio le ha tolto. Magari qualcuno si ricorderà dell'Emanuele Pesaresi calciatore ma mi piace immaginare di aver lasciato in quelli che ho conosciuto la mia impronta di uomo. Sarebbe davvero una bella soddisfazione".

C'è il sentimento di un ragazzo che non ha dimenticato gli esordi e di quanti sacrifici è costato a tanti per farlo arriva in alto. Riviviamo in esclusiva insieme ad Emanuele i passaggi della sua carriera.

Per un calciatore, visto da fuori, il calcio dà molto e allo stesso tempo chiede. I pro e i contro quali sono?

"Il calcio, come dici bene, dà molto e chiede tanto. E' una cosa che diventa una consuetudine visto che inizi a viverla fin dai quindici, sedici anni, un'età importante in cui sviluppi certi meccanismi. E' normale che fare il calciatore ti porta a rinunciare a delle cose che non vorresti proprio, come ad esempio il sabato sera con gli amici in discoteca. Da calciatore non potevo, ci vado ora. Il calcio chiede dei sacrifici che agli occhi di un esterno non sembrano tali, vedendolo come una vita tutta rosa e fiori: ma non è così. E' un lavoro importante che va seguito in un certo modo e devi fare una condotta da sportivo".

Quando ti sei accorto che gli stimoli stavano per terminare?

"Non c'è stato un momento in particolare. Mi ero ripromesso che se non vincevo il campionato avrei detto basta. Ho fatto con l'Ancona un'ottima stagione di Eccellenza vincendo il campionato. La successiva abbiamo perso e da lì ho fatto il passo, anche per il lavoro che ho intrapreso in una mutlinazionale italiana che si occupa di salute e benessere. Ho unito entrambe le cose sapendo che il calcio prima o poi sarebbe terminato".

Il percorso dalle luci dei riflettori del grande calcio alla vita di tutti i giorni come è stato?

"Un po' ti ci devi abituare. Da una bella vita, diciamo così, alla vita normale. Ti devi adeguare, ridimensionandoti su tutto. Quando giocavi, qualunque cosa volevi fare la facevi perchè avevi le possibilità economiche per farlo. Arrivato alla fine della carriera devi iniziare a pensare ad un domani diverso e in questo caso devi essere intelligente ad avere una base su cui partire per una vita diversa, come dici tu lontano dai riflettori".

Arrivato in serie A devi essere perennemente al top. Non credi che questo divenga alla lunga un mestiere nel mestiere?

"Ti devi abituare, saper reggere le pressioni. In determinate piazze sono più accentuate. Quello che conta è il rapporto che il giocatore ha con la società e l'allenatore. Non è il giornale che stila la formazione, anche se mi rendo conto che ci può essere una variabile che può condizionare le scelte del tecnico. Se uno ha la coscienza a posto, non è un problema. Dipende anche dai caratteri: ognuno gestisce le situazioni in base al proprio modo di viverle".

Si dice che cambiando tante squadre si rischia di perdere il talento. Sei d'accordo?

"Di allenatori ne ho avuti tanti e ognuno ti lascia qualcosa. E' chiaro che con uno puoi avere un feeling diverso e questo condiziona le tue prestazioni in campo. Dipende anche da te".

Come vivi il calcio da fuori?

"Con la serenità giusta. Vado allo stadio per vedere l'Ancona e ogni tanto anche altre. Mi viene chiesto perchè non sono rimasto nel mondo del calcio, io rispondo che non esiste solo il calcio nella vita. Ho trovato un altro settore dove mi trovo bene e sto bene ugualmente".

Ci facciamo i fatti tuoi: l'Ancona ti ha cercato per un'eventuale ruolo dirigenziale?

"Qualche chiacchierata c'è stata, ma non si è mai andati oltre. La mia disponibilità a questa società io la darò sempre: mi ha dato tanto, sono legato al presidente fino alle figure come il magazziniere. Seriamente non c'è stato nulla, ma un discorso serio non l'abbiamo mai intrapreso. Il calcio è strano e mai dire mai".

Parlando del ruolo dei difensori: una volta era proibito per voi andare oltre la metà campo. Oggi è tutto diverso, diventando attaccanti aggiunti.

"Il nostro modo di giocare è cambiato e questo è avvenuto per via dei moduli divenuti più intraprendenti. Una volta c'era il 4-4-2, ora c'è un 3-5-2 mascherato che richiede un lavoro diverso al difensore. Per competere a certi livelli devi avere una qualità maggiore e un parco giocatori che sappia adeguarsi alle richieste dell'allenatore. Se così, una volta il cinque marcava il nove e il tre marcava il sette, oggi è tutto cambiato, però conosco giocatori che pur non giocando nel proprio ruolo sono bravi sia tecnicamente che tatticamente".

E veniamo ad un tema importante: essere bravi tecnicamente non significa esserlo tatticamente e viceversa. Il difensore una volta non lavorava in profondità perché sapeva che il libero copriva quella parte di campo, oggi invece si è stravolto tutto.

"E' un cambiamento a cui devi adeguarti e se hai la fortuna di trovare allenatori che ti insegnano la tattica, come ad esempio Gigi Del Neri. Lavorando con lui vedrai che la fase di possesso e non possesso la impari per forza. E' un martello pneumatico, stando sette giorni su sette a studiare moduli e temi tattici diversi".

Sei stato uno dei primi a giocare all'estero (al Benfica nel 2001/02, ndr). Come era il livello di quel calcio?

"Non è un campionato di primo livello e ho avuto la fortuna di giocare in un club importante e posso dirti che anche se poco seguíto, quando giochi con la maglia di una società come il Benfica, le altre danno il centodieci per cento".

Esiste una differenza psicologica tra giocare al "Da Luz" di Lisbona, il "San Paolo" di Napoli e il "Del Conero" di Ancona?

"E' innegabile che giocare in uno stadio con tanto pubblico ti fa sentire la pressione addosso e quando giochi in una piazza importante come Lisbona o Napoli il tuo ruolo si amplifica: sei obbligato a vincere. Devo ammettere che al "Del Conero" ho giocato spesso con poco pubblico e questo mi dispiace: il pubblico anconetano è affettuoso e quando risponde presente - vedi derby contro l'Ascoli - il suo calore lo fa sentire".

Come vedi l'Ancona quest'anno?

"Non sono partiti bene e stanno migliorando partita dopo partita. L'ho visto varie volte quest'anno e anche contro lo stesso Ascoli non ho notato questa differenza importante come leggo. Ora sta ottenendo dei risultati e se continua di questo passo potrebbe giocarsela per i play off".

Un parere sul tecnico dei dorici, Giovanni Cornacchini.

"Giovanni è stato un allenatore che per l'Ancona è stato sempre un motivo di tensione: ha allenato la Civitanovese nel passato e non credevo venisse ad allenare qui nonostante il passato. Sta lavorando bene, lo conosco e bisogna dare merito anche al Ds Marcaccio per il buon lavoro che sta facendo".

A proposito di Ancona: quando hai deciso di lasciare hai scritto una lettera toccante per salutare tutti.

"Vivo ad Ancona, ci ho vinto dei campionati. Purtroppo quando sei da solo non puoi fare molto e sono orgoglioso di questi colori".

Stiamo per concludere: un ricordo del calciatore che sei stato?

"Il mio esordio in serie A, neanche ventenne con la maglia della Sampdoria contro la Fiorentina".

Un saluto ai tifosi dell'Ancona. Cosa vuoi dire loro?

"Io ci sono sempre e loro lo sanno. Gli dico che devono stare vicino alla squadra".

Prossima intervista per "Mi ritorni in mente": 1° febbraio 2015.