Intervista TC

Scianò: "Non possiamo più sostenere 100 squadre professionistiche"

Scianò: "Non possiamo più sostenere 100 squadre professionistiche"TMW/TuttoC.com
Ieri alle 12:15Interviste TC
di Raffaella Bon

In un momento cruciale per il calcio italiano, tra riammissioni, crisi strutturali e nuove sfide imprenditoriali,ai microfoni di TuttoC.com abbiamo raccolto il punto di vista di Marco Scianò, ex direttore generale del Piacenza Calcio e attuale Head of Football di MergersCorp

Partiamo dalle riammissioni: Pro Patria, Ravenna e Inter già previste, ma serviva l’ufficialità. Cosa ne pensa?
"Sono premiati gli sforzi sportivi di queste società, ma resto contrario a ripescaggi e riammissioni. Se avessimo avuto il coraggio di eliminarli anni fa, avremmo già dato una decisa sforbiciata ai club, evitando scorciatoie. Credo nella meritocrazia conquistata sul campo e in un sistema che selezioni per sostenibilità, non per necessità."

Il sistema calcio sembra mostrare sempre più fragilità strutturali. È d’accordo?
"Assolutamente sì. Il calcio italiano non può permettersi tolleranze o eccezioni, soprattutto considerando le condizioni in cui versa. Non possiamo più sostenere 100 squadre professionistiche: lo dicono i ricavi aggregati. I costi sono fuori controllo e bisognerebbe cominciare a spendere in proporzione ai ricavi. Il salary cap introdotto in Serie C potrebbe rappresentare un primo passo importante. Ma oltre ai numeri, dobbiamo pretendere proprietà con garanzie, cultura d’impresa sportiva, passione vera, attenzione nella scelta dei collaboratori e una visione sostenibile del fare calcio".

Gravina ha richiamato l’attenzione su altre situazioni delicate. Condivide la sua posizione?
"Concordo con la sua analisi. Il sistema ha bisogno di recuperare credibilità, e ci vorranno tempo e prove concrete. Al di fuori della Serie A, che ormai vive in un mondo a parte e gode di enormi interessi, vedo sempre meno volontà da parte dell’imprenditoria vera e solida di investire nel calcio. E francamente, è comprensibile. I costi sono eccessivi, i ricavi troppo bassi, e i continui casi di fallimenti, penalizzazioni e instabilità scoraggiano chiunque voglia affrontare questo percorso con serietà".

La permanenza in C della Triestina era attesa, dato che è stata accettata l’iscrizione. Ma le regole sono ancora troppo permissive?
"Sì, purtroppo. Attualmente, per iscriversi, è sufficiente aver saldato emolumenti e contributi fino ad aprile, mentre in passato si chiedeva anche maggio. Questo è sintomo di un problema culturale di fondo: dobbiamo cambiare il paradigma, non è più il tempo di accettare tolleranze. Serve una linea chiara, rigorosa, e uguale per tutti."

A Rimini si parla di una possibile cessione della società. Che situazione vede?
"Rimini è una piazza storicamente tormentata. La verità è che, in alcune aree del paese, fare calcio in maniera duratura è sempre più difficile. E Rimini non fa eccezione. C’è bisogno di stabilità e programmazione, altrimenti si continuerà a vivacchiare tra crisi e ripartenze."

Taranto è alla ricerca di un nuovo inizio. Che messaggio lancia a questa piazza?
"Taranto è una piazza straordinaria, con un popolo che vive il calcio con grande anima. Merita un nuovo corso societario credibile, sostenibile, capace di restituire entusiasmo e soddisfazioni a una delle realtà più importanti e inespresse del Sud. Sarebbe un grande valore aggiunto per l’intero movimento."

Ci sono altre situazioni che la preoccupano in vista della prossima stagione?
"Sì, credo che emergeranno ulteriori criticità con l’avvicinarsi dell’autunno, quando si dovranno approvare i bilanci. Questo comporterà enormi sacrifici da parte delle famiglie dei proprietari per garantire la continuità aziendale. È un momento delicatissimo, e servirà una riflessione profonda su come riformare il sistema in modo duraturo."