TuttoLegaPro.com ... in rosa: Monica Torreggiani (segretaria Reggiana)

TuttoLegaPro.com ... in rosa: Monica Torreggiani (segretaria Reggiana)
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domenica 9 marzo 2014, 08:00Interviste TC
di Redazione TLP
Da un'idea di Sebastian Donzella e Valeria Debbia

Trent'anni di Reggiana. Monica Torreggiani, professione segretaria, da tre decenni è il punto fisso del team granata. Oltre metà della propria vita passata a servire la Regia. In tutte le categorie professionistiche, in tanti ruoli. Segretaria sulla carta, factotum nella realtà. Talmente brava che da questa stagione l'hanno chiamata dalla massima serie per fare gli straordinari. TuttoLegaPro.com l'ha intervistata per voi.

Quali sono le sue mansioni all'interno della Reggiana?

"Lavoro in questa società dal 1984 ed in questo momento rivesto il ruolo di Segretario Generale, nonché Delegato alla Sicurezza dello stadio. Volevo ricordare come sia estremamente importante che ci siano donne che rivestono quest'ultimo ruolo. Da quest'anno faccio questo lavoro anche per il Sassuolo in Serie A".

Dal 1984 ad oggi cosa è cambiato nel suo lavoro?

"Nella Reggiana sono entrata come semplice impiegata, svolgendo mansioni di segreteria, centralino e biglietteria. Poi con gli anni ho assunto gli altri incarichi. Quando ho iniziato nel 1984 la Reggiana militava nella vecchia C1. Ho potuto vivere tutto il percorso sportivo della società fino a raggiungere la Serie A, ma anche il fallimento del 2005 e la sua ripartenza dopo qualche mese dalla C2.
Io dico sempre che l'azienda calcio è un'azienda identica in ogni categoria. Salendo in quelle maggiori è chiaro che c'è più personale con mansioni più dettagliate e precise, mentre quando si scende in quelle minori le poche persone che vi lavorano devono saper ricoprire più di un ruolo.
Per quanto riguarda la mia mansione di Delegato alla Sicurezza ho iniziato facendo un corso da steward perché interessata all'argomento stadio. Ho cominciato come Vicedelegato, infine sono divenuta Delegato sia della Reggiana sia del Sassuolo. In tema di differenze posso dire che gli steward in Serie A vanno dai 180 ai 250 a partita rispetto ai 30-50 in Lega Pro. C'è una situazione mediatica particolare: in Lega Pro gli spettatori sono molti meno e la gestione è completamente diversa. Per le partite di cartello del Sassuolo, quando lo stadio è pieno, il lavoro è molto più gravoso".


Possiamo dire, quindi, che in Lega Pro si cresce più velocemente rispetto alla Serie A?

"Questo non lo so, ma credo che la Lega Pro sia un buon trampolino di lancio che permette di imparare tantissime cose. Io per qualche anno ho lavorato anche nel Settore giovanile e tutti questi passaggi mi sono serviti sotto il profilo professionale per capire meglio quali sono le cose che vengono svolte all'interno di una società".

Trent'anni nella stessa società: un amore che è andato a consolidarsi nel tempo o una passione innata?

"Io nasco sportiva: per tanti anni ho fatto atletica leggera e quindi lo sport era ed è nel mio DNA. Ero un'appassionata di calcio perché mio papà mi portava allo stadio in curva quando ero una bambina, al vecchio Mirabello quando le gradinate non erano fatte in cemento ma addirittura in legno. L'amore è cresciuto ancora di più iniziando a lavorare al suo interno, ma la passione per questi colori era già presente".

In questi trent'anni ha vissuto sulla sua pelle anche il cambiamento nella percezione della donna in questo mondo?

"Come tutti i lavori, ma in modo particolare nel calcio, la donna fa sempre molta fatica ad emergere: in tutti i campi, sia nella segreteria sia all'interno del settore giovanile sia in ambito sicurezza. Se un uomo lavora otto ore, una donna deve lavorarne minimo sedici per poter dimostrare quello che vale. Di sicuro è un'attività molto difficile, ma con i veri professionisti si lavora sempre molto bene. Io ho visto un sacco di colleghe in altre società che sono "emarginate" a fare lavori oscuri ma importanti in modo sempre professionale".

In Lega Pro c'è stata un'esplosione di donne: lei ha notato questo boom di presenze femminili?

"In questi ultimi anni c'è stato un grande avanzamento nel mondo del calcio: dopo tanto lavoro si è finalmente riconosciuta la loro professionalità. Il mondo del calcio sotto certi aspetti ha dato una mano, ad esempio l'Associazione dei Direttori Sportivi ha dato la possibilità di frequentare quei corsi che fino a qualche anno fa erano appannaggio del mondo maschile: si dava infatti priorità ad ex calciatori, allenatori, insomma agli addetti ai lavori. Io ho fatto questo corso ed eravamo poche donne però questo mi ha fatto notare come le donne siano sempre più presenti quando si fa qualcosa di costruttivo ed innovativo".

Dato che ha frequentato il corso in un prossimo futuro la potremo vedere anche nelle vesti di direttore sportivo?

"Assolutamente no (ride, ndr). L'ho fatto perché era importante ampliare la mia visione del mondo del calcio. Ho frequentato il corso per l'area amministrativa, che è già quella in cui lavoro nella mia società. Ma non potrò mai svolgere una mansione così tecnica: lascio ai colleghi questa incombenza (ride, ndr).
Devo essere sincera: ci sono colleghi ed addetti ai lavori che sotto l'aspetto tecnico sono molto più validi rispetto a noi donne. E' una cosa abbastanza naturale. Ma non ci sono preclusioni da parte mia, anzi... ben vengano".

Ma in tutti questi anni ha mai notato discriminazioni nei suoi confronti e se sì in che periodo e in che categoria è successo maggiormente?

"Io ripeto semplicemente che la donna nel mondo del calcio fa il doppio di fatica rispetto ad un uomo, lasciando a voi ogni ulteriore considerazione. Le discriminazioni ci sono e ci saranno sempre. Ho vissuto tantissimi episodi, ma non me la sento di raccontarli. Mi dicono che sono a volte cattiva e questa volta voglio essere buona (ride, ndr)".

Veramente nell'ambiente reggiano di lei si dice un gran bene: i termini più utilizzati per descriverla sono tutti positivi. Da pragmatica a meticolosa fino a stoica. E' il valore aggiunto della Reggiana...

"Lei sta sorridendo mentre lo dice e questo mi fa molto piacere. Quando faccio le cose cerco sempre di dare il massimo di me stessa. Se non riesco ad arrivarci subito, mi fermo, rifletto e cerco il giorno dopo di dare ancora di più. Sono stoica nel senso che credo in quello che faccio e ci metto tutto il mio amore, a volte va a buon fine a volte no. A volte sono più cattiva, a volte meno. Dicono che quando sono al lavoro, sono diversa dalla vita di tutti i giorni. Questo perché dentro devo indossare una corazza per difendermi. Fuori riesco ad essere me stessa, cioè una donna con grosse fragilità e grandi timidezze, che sul lavoro qualcuno forse non mi riconosce. Ma ho tutte le caratteristiche delle persone normali che a volte cerco di nascondere: la dolcezza non la tiro fuori immediatamente, ma alla lunga viene fuori".



Insomma torniamo sempre al concetto che dovendo fare il doppio di fatica dell'uomo, la donna deve predisporsi al meglio anche nel proprio io, come fa lei con questa corazza difensiva. Le donne devono quindi essere determinate e dalle spalle larghe per poter sopravvivere in questo mondo?

"Sì, io sono all'apparenza piccolina e fragile, ma ho delle belle spalle muscolose (ride, ndr). Cerco di tenermi sempre eretta. Questo è un mondo così: devi avere carattere e tirarlo fuori. Questa è una caratteristica per poter andare avanti nel mondo del calcio: forza, volontà e fisicità".

Come è riuscita a conciliare vita privata e vita professionale? Ha dovuto sacrificare qualcosa?

"Devo dire che ho sacrificato molto della mia vita privata, personale e familiare. Grazie alla mia famiglia, a mio marito e alle persone che mi sono state vicino ho cercato di conciliare tutto, ma i sacrifici sono grossissimi e le rinunce dietro l'angolo. Di sicuro io ho rinunciato ai divertimenti dedicandomi in toto al lavoro. Anche la famiglia in questi tanti anni ne ha risentito ma è sempre stata una cosa condivisa ed accettata da tutti".

Il fatto che suo marito, l'attuale mister della Reggiana Marcello Montanari, è del settore ha aiutato a venirsi incontro e comprendere le esigenze di entrambi?

"Siamo sposati dal 2002, ma siamo stati fidanzati per molti anni addietro, infatti ci conosciamo dal 1983. La nostra è un'avventura straordinaria così come lui è un marito straordinario, senza dimenticare che è anche un allenatore straordinario. Sicuramente le dinamiche che viviamo sul posto di lavoro sono diverse: mio marito ha fatto il calciatore, l'allenatore delle giovanili, l'allenatore in seconda e l'osservatore quindi ha vissuto questioni più tecniche rispetto a quanto vivo quotidianamente io. E' chiaro che aiutano, ma spesso ci sono anche aspetti negativi, come ad esempio il fatto che le sue giornate di riposo non coincidano con le mie e non sempre è facile chiudere il cerchio nel migliore dei modi".

Una sconfitta cambia i vostri equilibri famigliari nel corso della settimana o riuscite a tenere separate le due cose?

"Grazie a Dio dopo 12 ore di ufficio per me e 4 ore di campo per lui, il calcio sta assolutamente fuori da casa. Gli argomenti sono altri e la sconfitta può incidere ma ci deve essere il giusto equilibrio. L'amarezza ci può essere ma deve essere dimenticata velocemente, non andando ad incidere sul rapporto famigliare".

Quando suo marito è diventato il nuovo tecnico della Reggiana lo ha saputo prima di lui?

"E' successo un episodio un po' strano. L'ho saputo dal presidente, il quale - uscito da una riunione con lo staff tecnico - mi ha detto: "Ti presento il nuovo allenatore". Ero incredula. Non avrei mai pensato che potesse diventarlo, ma ne sono molto più che contenta".

Suo marito non le aveva detto niente?

"Nulla, ma lui è uno tosto. E' una persona unica. Forse se fosse uscito prima lui del presidente, sarebbe venuto a dirmelo. Ma di fatto me lo ha comunicato il presidente".

Quando suo marito era un giocatore la situazione era sicuramente diversa da ora che da allenatore si trova sempre nell'occhio del ciclone...

"Reggio Emilia sta vivendo una situazione un po' particolare. Prima c'era Pier Francesco (Battistini, ndr), una persona straordinaria con la quale mio marito aveva un buonissimo rapporto, collaborando con lui. Le difficoltà tra l'essere calciatore ed allenatore non cambiano. E' chiaro che averlo qui a Reggio, nella sua città e nella sua squadra, visto che vi è cresciuto calcisticamente, è più facile sotto l'aspetto della gestione della famiglia. Averlo lontano, come quando era calciatore, accresceva le difficoltà anche se eravamo più giovani e le affrontavamo in modo diverso. Oggi non so come le affronterei: d'altronde le persone cambiano, ma entrambi abbiamo fatto grandi sacrifici. Sono venute a mancare tutte le belle cose che si fanno da ragazzi: non le abbiamo potute vivere assieme".

Prima ha accennato al fallimento della Reggiana: lei è una dei pochi sopravvissuti a livello societario.

"Esatto. E quella credo che della mia storia all'interno della Reggiana sia stata una delle fasi più brutte, angoscianti e non so quale altro termine poter usare per poterla descrivere. In quel periodo era stato avanzato un progetto importante di ristrutturazione dello stadio, con un centro commerciale che poi ne è entrato a far parte. Insomma c'erano grandi progetti non solo a livello sportivo, ma con ricadute societarie e a livello della città stessa. Questo progetto è naufragato e sono stati dei mesi in cui io facevo fatica ad uscire di casa. Per fortuna ci sono state delle persone che hanno voluto rimettere in piedi questa storica società e hanno voluto ripartire da quelle persone che già avevano vissuto tutte le vicissitudini positive e negative della Reggiana. Ripeto comunque che è stato uno dei periodi più brutti, ma chi ha creduto in me mi ha fatto ripartire mettendo non certo soldi ma grande impegno e professionalità".

Dall'altra parte però ha vissuto anche lo splendore della Reggiana che ha conquistato la Serie A: ha conosciuto personaggi molto importanti per la storia granata, come Pippo Marchioro...

"Chi lavora dietro le quinte poi difficilmente riesce a vivere sempre appieno queste gioie. Le vive in maniera meno diretta. Noi abbiamo avuto momenti gloriosi con giocatori gloriosi e con altrettanti giocatori che da gloriosi a Reggio non hanno dato quanto ci si aspettava da loro. Sarebbe comunque troppo facile dire che il momento più bello è stato quello della promozione in Serie A. Sono molto più terra terra e credo che si debba gioire dei pochi successi e anche di quanto vissuto nelle categorie inferiori. Anche il ripartire dopo il fallimento è stata una grande gioia: vedere che all'improvviso questa società non c'era più, era un'amarezza troppo grande sapendo ciò che avevamo dato per lei. Ma io non vivo di ricordi come fanno tanti ex calciatori ed allenatori: io vivo alla giornata".

Potremmo chiudere con una battuta da tifoso di curva: al Parma supponiamo non andrà mai a lavorare...

"(ride, ndr). Questa è l'unica domanda alla quale non posso rispondere. Tra Reggio Emilia e Parma c'è malumore tra i tifosi, ma non si può mai dire: "Io lì non andrò mai a lavorare". Certo, da tifosa di curva direi di no, ma a volte nella vita sei costretto a fare delle scelte. E' normale che un interista non vorrebbe mai andare a lavorare per il Milan e viceversa, ma sotto l'aspetto professionale bisogna valutare le cose in modo diverso. A parte il fatto che non mi chiameranno mai, visto che là ci sono fior di professionisti e io sarei solo una gocciolina".

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