TuttoLegaPro.com ... in rosa: Valeria Maiello (segretaria Benevento)

"In occasione del primo anniversario dalla scomparsa di Carmelo sento che il dolore è vivo come fosse il primo giorno. Un anno non è nulla: è solo qualche ora in più trascorsa senza di lui, ma il suo pensiero e la sua memoria sono sempre vivi". TuttoLegaPro.com...in rosa, questa settimana, vuole ricordare la figura di Carmelo Imbriani. A un anno dalla scomparsa dell'ex calciatore e allenatore, che proprio in questa settimana avrebbe compiuto 38 anni, abbiamo deciso di intervistare la moglie Valeria Maiello, responsabile della segreteria del Benevento.
Quali sono le sue mansioni all'interno del club giallorosso?
"E' ormai un anno che lavoro in questa società e mi occupo principalmente della segreteria organizzativa, quindi dei biglietti nelle partite casalinghe, degli accrediti e di tutto ciò che gira intorno alla società. Sono il punto di riferimento per tutti".
Siete ben rappresentati da un punto di vista femminile.
"Sì, oltre a me ci sono la dottoressa Iris Travaglione, Responsabile della comunicazione e poi la dottoressa Federica Festa, Responsabile sicurezza stadio. Non c'è mai stata una chiusura mentale da parte dell'avvocato Oreste Vigorito in tal senso. Anzi se ci fosse qualche donna in più saremmo ancora più contenti (ride, ndr)".
Sono oltre 250 le donne in Lega Pro in vari ruoli e con varie funzioni: secondo lei ci sono mansioni più adatte ad una donna o la stessa può ricoprire qualsiasi incarico?
"Io credo che una donna possa adattarsi a tutto: deve dimostrare di avere carattere e determinazione. Soprattutto deve avere esperienza, caratteristica fondamentale - ad esempio - se si vuole diventare direttrici sportive. Stare a contatto con tanti uomini e sapersi far valere lo può fare solo una donna consapevole di sé: solo a quel punto non si sentirà inferiore a nessuno".
E per la sua esperienza quindi si sente dire che la donna è oramai percepita come normale all'interno dell'ambiente calcistico, comunque prettamente maschile?
"Credo di sì. Ne ho viste e sentite tante di donne che lavorano nel mondo del calcio. Fino a qualche anno fa non era molto normale, ma oggi lo è e non ci vedo nulla di male. Sono a favore di questa apertura: ripeto, una donna competente e con carattere può lavorarci tranquillamente".
Però questo suo sottolineare che debba essere una donna di carattere ci porta in una direzione ben precisa: una donna deve avere le spalle larghe per gestire certe situazioni - magari anche spiacevoli - che inevitabilmente possono andare a delinearsi.
"Sì, è vero. Una donna deve far capire che deve essere rispettata e che ci sono dei limiti che non bisogna oltrepassare. Questa è la prima cosa che bisogna far capire a questo mondo prettamente maschile. So che non è facile, ma con la determinazione ce la si può fare".
Soprattutto si possono gestire meglio i pregiudizi, che probabilmente a volte una donna deve subire vivendo a stretto contatto con uomini: lei ne ha vissuti nel corso del suo lavoro?
"Personalmente no: non è mai capitato di affrontare una situazione del genere. Io comunque non ci vedo nulla di male in una donna che lavora nel mondo del calcio e chi invece ci vede qualcosa di negativo sicuramente troverà sempre da ridire. Se il mio sogno chiuso nel cassetto è quello di lavorare in una società di calcio, questo mi deve portare ad autodeterminarmi e a realizzare il mio desiderio al di là dei pregiudizi. Quello che si vuole, si ottiene a prescindere da tutto e da tutti".
La passione per il calcio già era presente in lei o è stata trascinata dagli eventi?
"(ride, ndr) Sarò sincera: sono stata trascinata nel mondo del calcio da mio marito. E' solo grazie a lui se mi sono appassionata a questo sport. Ho iniziato a seguire le sue partite, altrimenti di mio probabilmente non lo avrei fatto. Ma mi rendo conto però che oramai quando accendo la televisione e vedo che c'è una qualsiasi partita mi soffermo a guardarla".
Il fatto di essere stata per tanti anni la moglie di un calciatore prima e di un allenatore poi la sta aiutando in questo percorso lavorativo?
"Il suo lavoro era completamente diverso dal mio dato che era molto più tecnico, ma mi ha aiutata trasmettendomi la forza di andare avanti e soprattutto perché noto che c'è molto rispetto nei miei confronti da parte dei colleghi: ricordano infatti Valeria come la moglie di Carmelo e quindi come provavano il massimo rispetto per lui così si approcciano a me. Sono stata avvantaggiata sotto questo punto di vista e ho trovato poche difficoltà. Sto ricevendo il rispetto che lui ha sempre avuto e ne sono onorata".
La città di Benevento è legata a doppio filo con suo marito, prima da calciatore e poi da allenatore.
"E' vero: il rapporto che c'era tra Carmelo, la società e la città era ed è forte. Lo è stato e lo è tuttora: è una dimostrazione perenne di affetto per lui. Se dovessi parlare di Carmelo da questo punto di vista, lo farei all'infinito. Per lui contava molto il giudizio della società e ci teneva all'immagine del calciatore modello: lui si ritirava presto, non faceva vita mondana durante il campionato e tanto altro ancora. Cercava di regalare il suo sorriso e la sua gentilezza a tutti: non li ha mai negati a nessuno ed era felice di parlare della sua carriera con chiunque lo incontrasse e chiedesse di lui. Spesso si pensa che il calciatore faccia la bella vita, coi soldi e senza far nulla: per lui non era così. A 14 anni andò via di casa per intraprendere la sua carriera, facendo tanti sacrifici e gli piaceva raccontare di sé: aveva un rapporto incredibilmente bello con tutti ed esiste ancora un legame, un filo che non si è mai spezzato con questa città. Ed ora tutto questo viene trasmesso a me ed è come se vedessi una parte di Carmelo: io lo avverto in modo molto forte".
Un legame che si è estrinsecato anche nell'intitolazione dell'Antistadio alla memoria di suo marito.
"Dopo la scomparsa di Carmelo è subentrata la decisione di intitolare a lui l'Antistadio: è stata una decisione che ha trovato il mio consenso e che mi ha permesso di esprimere la mia gratitudine nei confronti della città e della società. E' stata la prima dimostrazione della città nei confronti di Carmelo, ma ne potrei dire davvero tante: sia durante la sua carriera da calciatore sia durante quella da allenatore, sia quando purtroppo si è ammalato e la malattia ha preso piede nella nostra vita nessuno l'ha mai abbandonato e fino all'ultimo secondo gli è stata donata la forza di non arrendersi mai, a prescindere dalla sua famiglia e dai suoi figli. Lui l'ha avvertita e fatta sua, ma purtroppo non è andata come tutti speravamo...".
A proposito dei bambini hanno già un'impronta marcata verso il calcio o sono ancora troppo piccoli?
"(sorride, ndr) Avete detto bene: sono ancora troppo piccoli. Fernando ha appena 16 mesi, mentre Sofia ha tre anni e mezzo. Eppure alla bambina piace molto vedere il calcio perché le ricorda il papà. Mercoledì scorso stavamo guardando Napoli-Roma e mi diceva: "Mamma, facciamo finta che quello in campo è papà. Guardalo, guardalo come corre". E' un modo per lei di vedere il padre sul campo verde. Lei ha avuto la possibilità di vedere qualcosa di lui, purtroppo il piccolino no, ma io ne terrò vivo il ricordo. Non so quale sarà la loro aspirazione di vita, ma li lascerò scegliere: qualunque sarà la loro decisione, starò loro vicina così come sicuramente il loro papà".
Come è vissuto il ricordo di suo marito?
"Le amicizie di Carmelo sono inevitabilmente diventate le mie e purtroppo ho avuto l'occasione di conoscere alcune persone importanti nel mondo del calcio - che erano suoi amici intimi - solamente quando lui era allettato. Molti di loro mi sono ancora vicini e mi fanno sentire la loro presenza, come Fabio Pecchia o il dottor De Nicola. E' una lista infinita. Mentre da parte dei tifosi c'è sempre un calore tale come se in me loro rivedessero lui: mi salutano con affetto e sento tanto anche la loro vicinanza. I primi tempi ho ricevuto alcuni di loro a casa: mi portavano sciarpe, palloni, dimostrazioni di affetto che non si dimenticano. Quello che conta più di ogni altra cosa è che era tutto fatto in onore di mio marito. Intanto grazie al fratello Gianpaolo è stato creato un sito internet (CLICCA QUI) per supportare diverse iniziative".
Lei è stata protagonista insieme alla squadra delle addette stampa della Lega Pro della giornata passata al "Comitato per la vita Daniele Chianelli".
"Per noi sono persone che resteranno per sempre nella nostra mente e nostri cuori, anche se le abbiamo conosciute in un periodo non felice della nostra vita. Anche loro ci hanno dato la forza per andare avanti. Abbiamo sposato quell'iniziativa perché nella sofferenza si percepiscono i valori che nella vita di tutti i giorni è facile perdere di vista. L'intenzione è quella di creare un'ala dell'ospedale intitolata a Carmelo. Loro sono al nostro fianco così come noi siamo al loro. Qualche giorno fa è nato anche il progetto "Imbriani non mollare" che è stato fondato in primis dal fratello Giampaolo, per cercare di trovare fondi per aiutare il Chianelli e per seguire tante altre manifestazioni di beneficenza e tenere viva l'immagine di Carmelo: lui ha sempre fatto del bene, si impegnava in prima persona e aveva adottato dei bimbi a distanza. Tutto l'amore che aveva lo voleva condividere quanto più poteva: noi cerchiamo di portare avanti i suoi lavori e il suo modo di vivere".
Anche la Lega Pro vi sta dando una mano diffondendo queste iniziative benefiche attraverso i tanti eventi organizzati.
"Sì, ci è molto vicina. A me non resta che ringraziare i suoi componenti e sperare di poterli avere sempre accanto. Mi auguro che si continui questa collaborazione: noi da parte nostra cercheremo di tenerli sempre aggiornati".
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