Rimini, D'Alesio: "Fame assurda dei ragazzi, siamo come cani randagi"

Filippo D'Alesio, allenatore del Rimini, analizza così in sala stampa la vittoria sul Pineto: "La cosa che mi stupisce ogni volta - riporta NewsRimini.it -, è l'atteggiamento che hanno questi ragazzi: più è difficile, più si uniscono. Hanno una fame assurda. Pensate che questo è un gruppo di ragazzi che si conosce forse da tre settimane. L'unione che sprigionano in campo, tutti, da chi sta in panchina, chi entra cinque, chi entra dieci minuti, i più grandi come hanno accolto i ragazzi nuovi. Sono cose che poi ti portano a queste prestazioni. Io oggi ho parlato coi ragazzi: ci siamo detti che siamo dei cani randagi, i cani randagi sono quelli che non hanno niente di pronto, che dormono al freddo, che non hanno da mangiare, se lo devono procurare, e devo dire che oggi siamo stati bravi. Sempre con la bava alla bocca, con la fame giusta, e scaltri. Poi, a un certo punto, il fatto che siamo corti si sente, nel momento in cui inizi un pochino a farti pesare le gambe: crampi, contratture. Sono entrati i ragazzi della Primavera in ruoli non loro, ma ce l'abbiamo fatta. Il primo tempo 2-0, giocato in situazioni di freschezza, per me abbiamo fatto un grande primo tempo, naturalmente sempre con aspetti da migliorare perché nel momento in cui siamo andati in vantaggio di due reti ci siamo tirati indietro. Non deve succedere perché più ci tiriamo indietro e più la palla l'avviciniamo alla nostra porta. Alla fine del primo tempo ne abbiamo parlato, i ragazzi ci hanno provato fino a quando ce l'hanno fatta. Poi a un certo punto le gambe non tenevano, il Pineto ha meritato di trovare il gol. Dopo ci siamo difesi in una maniera assurda: quando ci riempivano l'area eravamo sempre attenti sull'uomo, attaccavamo la palla, pronti sulle seconde palle, non ho parole, non ho parole".
Essendo partiti da un -11 ora che siete a -4 iniziate a vedere la luce?
"No, noi non dobbiamo pensarla così. Io dico sempre: noi non sappiamo dove stiamo andando. Come quando fai un viaggio e tu non sai la destinazione, devi apprezzare il paesaggio che ti trovi in quel momento. Noi non sappiamo dove stiamo andando, di conseguenza ogni partita per noi è da apprezzare, da vivere con gioia, con felicità, e come un concetto di verifica: dobbiamo verificare a che punto siamo e a che punto sono gli altri rispetto a noi. È una sfida con noi stessi per capire chi siamo, ma non rispetto a quella che sarà la classifica, ma chi siamo noi come uomini, chi siamo noi come professionisti, chi siamo noi come squadra. La partita la dobbiamo vivere così. La classifica ad oggi non la guardiamo, poi l'ultimo giorno tiriamo una linea e diciamo: ok, ce l'abbiamo fatta, non ce l'abbiamo fatta, siamo ai play out".
Qual è il segreto di questo Rimini, che si fa valere in campo nonostante la situazione difficile che state vivendo?
"Il mio approccio è sempre stato questo: nelle difficoltà le persone possono trovare qualcosa in più, che forse non erano mai state abituate ad avere, perché difficoltà significa sopravvivere, e quando devi sopravvivere tiri fuori la tua vera indole, la tua vera natura. Di conseguenza la difficoltà la dobbiamo vedere come un'opportunità di crescita. Quindi noi dobbiamo avere sempre l'accezione positiva del momento, perché poi io dico sempre ai ragazzi che i problemi della vita sono ben altri. E di conseguenza queste difficoltà faranno sì che questi ragazzi diventeranno più forti mentalmente, anzi qualcuno dirà: ma chi sono questi ragazzi così? E capirà che dentro questa squadra ci sono ragazzi di uno spessore umano e di un valore calcistico che fa spavento. Sono ragazzi che secondo me devono ambire sempre a qualcosa di più. La maggior parte di loro sono giovanissimi, dal 2000 in giù, i grandi non vi dico con che positività, energia e maturità ci spingono. Di conseguenza io dico che adesso che torneranno Fiorini e Gemello, e se riusciamo a fare una settimana intera di allenamento... Non ci scordiamo che noi veniamo dalla partita di Forlì, dove abbiamo speso energie assurde, poi siamo andati a Guidonia, che da Rimini è abbastanza lontano, abbiamo fatto una partita assurda, persa al 96°, che ci ha piegato per un attimo le gambe, siamo ritornati alle tre di mattina, due giorni non ci siamo allenati, un giorno abbiamo fatto una rifinitura e oggi abbiamo fatto questa roba. Quindi se non c'è quello spessore umano, e anche l'intelligenza tattica dei giocatori nel percepire subito la partita, staremmo parlando di un'altra partita. C'è il rischio poi di degenerare, il rischio di fare brutte figure è altissimo. In questa situazione i ragazzi vanno anche oltre. Io penso che una squadra si basa su quattro pilastri: il primo è l'ordine, siamo in una fase in cui la società si sta cercando di organizzare, ma manca. II secondo pilastro sono le relazioni affettive, ci conosciamo da tre settimane, e si sono fatti grandi passi avanti: ho visto ragazzi stare a cena insieme, condividere momenti anche fuori dal campo, e questo secondo me è l'aspetto più importante, dove i ragazzi hanno fatto loro, sottolineo loro, un grande lavoro. Il terzo aspetto è una intensità fisico-atletica che noi in questo momento non riusciamo ad avere perché non ci riusciamo ad allenare giocando partite ravvicinate, come gli altri, però molti dei nostri giocatori non hanno fatto la preparazione e stiamo giocando sempre con gli stessi 10-11 giocatori. E la quarta è un'identità tattica, che in questo deve guidarci, anche lì dove ci sono delle difficoltà. Nella nostra identità il concetto di abbassarci esiste, perché non possiamo sperare di stare sempre alti, ma ci sono dei momenti in cui dobbiamo continuare, anche sul 2-0, a farlo. Di conseguenza dico: avremmo potuto fare meglio in alcuni momenti, però per il resto, anche quando ci siamo difesi bassi, abbiamo corso dei rischi, però ci abbiamo sempre messo una pezza".
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