TuttoLegaPro.com ... in rosa: Roberta Castellini (delegata sicurezza Pisa e Carrarese)

Una domenica di ordinaria sicurezza. E' quella che Roberta Castellini, ogni settimana, organizza, con grazia e fermezza, negli stadi di Pisa e Carrarese. Non un lavoro semplice: c'è da giocare e dirigere, allo stesso tempo, una partita nella partita: quella sugli spalti. TuttoLegaPro.com ha deciso di intervistarla per questo nuovo appuntamento dedicato alle donne che lavorano in Lega Pro.
Quanto è inusuale, per una donna, ricoprire il ruolo di Delegato alla Sicurezza dello stadio?
"Diciamo che siamo poche in Italia e in Lega Pro. Più numerose invece sono le Vicedelegate".
Ci può spiegare approfonditamente quali sono le sue mansioni?
"La funzione del Delegato è quella di mantenere la sicurezza sia per quanto riguarda gli spettatori sia per i fruitori dello stadio, quindi gli atleti e gli staff tecnici. Il giorno dell'evento facciamo in modo che il piano di mantenimento della sicurezza venga rispettato nelle varie fasi, cosicché chi usufruisce dello stadio possa godersi lo spettacolo in tutta tranquillità. Per questo - ad esempio - controlliamo le uscite di sicurezza, verifichiamo la titolarità del biglietto... Ma le cose di cui ci occupiamo sono molte di più".
E con i tifosi il rapporto com'è?
"Io mi occupo di due tifoserie, gestendo due stadi: quello della Carrarese Calcio e quello dell'AC Pisa 1909. La prima società ha una tifoseria abbastanza tranquilla, mentre la seconda lo è diventata nel tempo, ma inizialmente ha creato qualche problemino legato all'andamento della squadra. Se devo dir la verità, infatti, grossi scontri li abbiamo avuti al momento della retrocessione dalla Serie B alla Lega Pro. Se i piani vengono studiati nel modo corretto, però, si riesce ad arginare gli scontri. Infatti anche in quella occasione siamo riusciti - grazie al coordinamento con le Forze dell'Ordine - a tenere i facinorosi fuori dallo stadio evitando seri problemi".
Non è difficile riuscire a gestire queste problematiche, legate anche al tifo violento, essendo donna?
"Sono abituata a lavorare nel mondo maschile: so che è un mondo fatto prevalentemente di uomini, però non ho mai avuto problemi particolari ad essere ascoltata in quanto donna. In alcuni casi ci si ricorda di me proprio perché - come detto - sono poche le donne che ricoprono questo incarico (ride, ndr). Ho avuto la fortuna di partecipare ad eventi importanti, come la finale di Champions League a Roma anni fa e ho anche gestito in prima persona la Nazionale e non ho mai avuto problemi. Se una persona sa fare il proprio lavoro, lo fa indipendentemente dall'identità sessuale. Questo è comunque un lavoro molto particolare: bisogna sempre essere aggiornati".
La gestione della sicurezza è differente di categoria in categoria?
"Dipende fondamentalmente dalla capienza dello stadio: con il Pisa, quando abbiam militato in Serie D, avevamo in essere le normative legate al DM 88/2007, quindi parliamo di steward, tornelli e tutta una serie di situazioni organizzative dovute al fatto che lo stadio aveva una capienza superiore ai 7500 posti. Purtroppo da un punto di vista formale bisogna tener presente anche la situazione economica: per cui in Leghe superiori o quando si tratta di Nazionale ho a disposizione un numero superiore di steward e tutto diventa più semplice. Ma questo non vuol dire che quando noi operiamo in Lega Pro non mettiamo in sicurezza i nostri spettatori, ma se si può disporre di un numero superiore di steward tutto dovrebbe essere più tranquillo, stante il fatto che le normative cui si fa riferimento sono sempre le medesime. Quando militavo in cadetteria col Pisa avevo una media di 12 mila spettatori, mentre ora che siamo in 1^ Divisione la media è di 4/5 mila: è sempre una piazza molto vissuta quella della squadra nerazzurra".
Che tipo di formazione ci vuole per poter svolgere questi compiti?
"Io ci sono arrivata abbastanza per caso, dato che non avevo a monte una preparazione specifica. Il mio indirizzo di studio era legato più al mondo del turismo, ma nel momento in cui ho deciso di buttarmi in questo settore ho dovuto studiare parecchio: i corsi di aggiornamento sono continui. Io sono membro del direttivo dell'Andes, cioè l'Associazione Nazionale dei Delegati alla Sicurezza e come associazione organizziamo periodicamente i corsi di aggiornamento, visto che abbiamo ottenuto il riconoscimento dall'Osservatorio per le Manifestazioni Sportive per questo genere di attività. Bisogna sempre avere conoscenza di quella che è la materia: le normative cambiano, anche a livello strutturale".
A proposito dell'Andes, si è svolto proprio in questi giorni il congresso sugli stadi senza barriere. Ci può parlare dei passi avanti fatti finora?
"Come Andes siamo sempre stati convinti che sia fondamentale migliorare la fruizione dello stadio e quindi abbattere le barriere. Certamente c'è da lavorare non tanto sulle barriere fisiche quanto su quelle mentali. Abbattere le barriere può significare avere una tifoseria migliore. Avere uno stadio confortevole, poter assistere alla partita in tranquillità essendo al coperto, sentire l'odore del campo perché ci sei proprio davanti senza impedimenti è sicuramente più piacevole. Le esperienze portate dai colleghi, che già si sono avviati su questa strada, sono state tutte favorevoli. Non abbiamo avuto da parte nessuno di loro note di demerito o ripensamenti su questo tipo di operato".
Riguardo le barriere, finora ad averle eliminate è stato un club di Lega Pro, più precisamente il Castel Rigone...
"Devo andare a vedere questo stadio, perché ne sento parlare positivamente a tutti i congressi (ride, ndr). Ne sono veramente curiosa. Potrebbe essere un'ottima esperienza".
Trova sia anche un problema culturale quello relativo all'abbattimento delle barriere fisiche?
"E' vero. Ogni nazione ha la sua cultura e bisogna tenerlo presente. Il grosso problema italiano riguarda comunque il fatto che gli stadi sono strutture vecchie e non permettono di vivere belle sensazioni. Li possiamo mettere in sicurezza, come è stato fatto in tanti casi, ma da lì a dire che entrare nei nostri stadi sia un'esperienza confortevole ce ne passa. La controprova l'abbiamo negli stadi in cui, oltre alla messa a norma, sono stati fatti lavori di ammodernamento. Secondo me, infatti, lo stadio dovrebbe far vivere un'esperienza come quella del teatro".
Quanto era già appassionata di calcio e quanto lo è diventata andando tutte le domeniche allo stadio per lavoro?
"Io arrivo da una famiglia legata al calcio, visto che mio padre faceva il dirigente in una società dilettantistica e mio fratello ha sempre giocato a calcio. Le domeniche della mia infanzia erano spesso passate allo stadio. Prima di fare il Delegato alla Sicurezza degli stadi comunque mi occupavo delle biglietterie e della gestione delle maschere. La funzione del Delegato, però, è completamente differente ed ora gestisco gli steward che mi vengono forniti da terzi. La passione c'entra abbastanza poco, visto che la partita non riesco a vederla nel corso della stessa, essendo impegnata nelle mie funzioni. Me la godo quando vado a vederla altrove, anche se noto della deformazione professionale: si finisce per non guardare la partita, ma come sono posizionati gli steward. L'occhio finisce sempre su quello che faresti tu, se fossi al posto del tuo collega. Non si riesce mai a staccare: anche quando guardo le partite in Tv (ride, ndr)".
In Lega Pro il numero delle donne è cresciuto esponenzialmente: siete oramai circa 250. Si è accorta di questa esplosione o lei ha comunque a che fare solo con figure maschili?
"Tanti dei miei steward - che io chiamo "i miei ragazzi" essendo più grande di loro - sono donne. Sono convinta che le donne non hanno alcun problema a svolgere il loro ruolo. Se uno lo fa, perché lo sa fare, con passione e competenza, il fatto di essere donna non deve spaventare".
C'è una differenza tra steward uomini, che magari sono più legati alla prestanza fisica, e steward donne, più propense al dialogo?
"Io sono dell'idea che gli steward devono fare accoglienza, indipendentemente da questioni fisiche. Non necessariamente bisogna essere atletici. Preferisco quindi avere persone disponibili a dare delle risposte e sorridenti piuttosto che dei buttafuori, senza offesa per chi svolge questo tipo di lavoro. La preparazione degli steward è diversa: devono accogliere i tifosi all'interno dello stadio".
In questi anni ha visto cambiamenti nella tifoseria? Sono diventati più educati?
"Le statistiche ce lo dicono: il comportamento dei tifosi all'interno dello stadio è cambiato, probabilmente per una questione culturale ma anche strutturale, come il biglietto nominale, i tornelli e le telecamere. Tecnicamente è più difficile che possano esserci scontri all'interno dello stadio. Per quanto riguarda il rapporto dei tifosi con gli steward sicuramente è migliorato. Nei miei stadi ho ottimi rapporti coi tifosi, così come li hanno i miei steward, proprio perché oltre al controllo da noi si fa accoglienza: siamo a disposizione per dar loro tutte le informazioni necessarie. Quindi sì, noto dei cambiamenti anche se restano delle frange più estreme. Io vivo delle situazioni relative: non ho grandi stadi e neppure le grandi tifoserie delle squadre che militano in Serie A, però la situazione si sta evolvendo".
Però ci ha raccontato in precedenza che a Pisa ha dovuto far fronte a qualche emergenza...
"Come detto, la grande problematica l'abbiamo avuta nel 2009 con la retrocessione dalla Serie B alla Lega Pro, un evento che nessuno si aspettava. C'è stata una forte contestazione da parte di una frangia di tifosi locali: abbiamo dovuto far evacuare lo stadio, ma sono situazioni studiate a tavolino e le persone non si sono mai sentite in pericolo. Però dal 2009 ad oggi sono passati cinque anni e ci sono stati grossi passi avanti. Anche se noi - come Andes - siamo più favorevoli al dialogo che alla repressione, anche se a volte è necessaria per poter gestire al meglio l'ordine pubblico. Pur comprendendo siamo comunque dell'idea che il dialogo è fondamentale ed è in questa direzione che anche le Leghe si stanno muovendo: per questo si stanno introducendo nuove figure all'interno delle società, come quella del Responsabile dei rapporti con la tifoseria".
Considerato che ci parlava di studi nel settore del turismo, se non avesse fatto questo lavoro a cosa avrebbe voluto dedicarsi?
"Per quanto riguarda me, in realtà i miei studi nel turismo li sfrutto già, in quanto di mestiere mi occupo anche di organizzazione di eventi. Il Delegato lo faccio come secondo lavoro. Per quest'ultima mansione, comunque, l'ideale sarebbe un percorso legato all'ingegneria o comunque a studi tecnici. Chi non ha questo tipo di basi, se le deve creare personalmente. Oggi poi si stanno creando nuovi corsi all'interno delle facoltà universitarie, ma l'esperienza è fondamentale: un Delegato deve conoscere a menadito il proprio stadio".
Nella vita privata le capita di assumere atteggiamenti legati al suo essere Delegato alla sicurezza?
"Mi auguro di no, ma mia figlia ogni tanto mi dice che sono un po' eccessiva (ride, ndr). Organizzare è il mio modo di vivere: sia nel calcio sia nell'altro lavoro, ma cerco di essere una mamma normale, con le apprensioni tipiche di chi ha una figlia adolescente".
La questione "normalità" noi invece la affrontiamo da un altro punto di vista: vorremmo infatti che la donna sia percepita appunto come normale, nonostante questo sia un mondo prettamente maschile.
"Non ho mai avuto problematiche di questo tipo: entro negli spogliatoi degli arbitri, con la consapevolezza da parte loro che ci sarà una donna ad accoglierli. Ho rapporti con i rappresentanti della Lega, con la Procura, con la Questura e ho sempre percepito normalità. Non mi sono mai sentita discriminata in quanto donna. Non ho mai percepito pregiudizi dettati dal fatto che io sia una donna. Magari ci possono essere incomprensioni, ma non sono affatto legate al mio essere donna".
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