Dimmi chi era Recoba di Enzo Palladini

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10.01.2018 14:28 di  Chiara Biondini  Twitter:    vedi letture
Fonte: TMW Magazine n.73 da oggi disponibile
Dimmi chi era Recoba di Enzo Palladini
TMW/TuttoC.com

Titolo: Dimmi chi era Recoba
Autore: Enzo Palladini
Edizioni InContropiede, Collana Sudamericana

Enzo Palladini, giornalista Mediaset e autore di libri, ha raccontato la carriera di Alvaro Recoba in un libro edito da inContropiede, uscito in autunno dello scorso anno dal titolo "Dimmi chi era Recoba". L’opera narra con qualche tocco ironico e leggero, le vicissitudini dell’Inter e del suo attaccante uruguagio, fornendo al lettore aneddoti, che erano rimasti appannaggio della ristretta cerchia di addetti ai lavori. Il quadro che viene dato del Chino, non è certo privo dei difetti dell’uomo e dell’atleta, ma di sicuro nel complesso ci rende l’immagine di un calciatore che e si è meritato un posto di primo piano nella galleria degli artisti del pallone. Alvaro Recoba era e resta un giocatore unico. Irripetibile nel suo modo di essere, inclassificabile secondo i criteri canonici della nomenclatura calcistica, ingestibile per il suo essere anarchico senza vantarsene. La semplicità è stata la base del successo di un fenomeno talvolta incompreso, talvolta incomprensibile. Recoba è stato solo e semplicemente se stesso, sempre e comunque.
“Per certi versi Recoba ha anticipato la PlayStation, realizzando sul campo “colpi” che immaginavamo possibili solo grazie alla tecnologia”- ricorda nella prefazione Massimo Paganin, difensore dell'Inter in quegli anni. Se da un lato però c’era questo giocatore fuori dal comune, dall’altro c’era l’uomo allergico alle regole e persino alla sveglia mattutina. “Quando si va a vedere il suo curriculum, i numeri sono troppo bassi, i trofei troppo pochi per uno che ha smesso a quarant'anni. Colpa di tutti e di nessuno. Colpa sua e di chi non ha creduto in lui. Colpa della sua poca voglia di allenarsi e della poca voglia di farlo allenare dei suoi tecnici. Massimo Moratti ne capì la natura, ma non voleva arrendersi. Lo considerava un'opera d'arte, una Gioconda del ventesimo secolo da amare nonostante le sue imperfezioni, alla faccia di tutti i suoi denigratori”. Ne parla così l’autore in queste pagine, descrivendo Recoba come un eterno ragazzino, capace di giocate paradisiache e di lunghi periodi bui. Ma se avesse giocato il doppio delle partite e segnato il doppio dei gol, non sarebbe entrato nella leggenda e non avrebbe conquistato schiere di appassionati. Poche gocce di Chino hanno saputo dare un gusto diverso a tante pietanze. Peccato che infortuni, passaporti falsi e incomprensioni con gli allenatori gli abbiano impedito di usare il suo contagocce appena appena di più. Non troppo, altrimenti non sarebbe stata la stessa cosa. Recoba è stato il gioiello mancino sospeso tra talento e anarchia e l’autore nelle pagine della sua opera ci racconta in un’alternanza di alti e bassi in campo e fuori dandoci l’esatto dipinto delle montagne russe che sono state la sua carriera e la sua vita.