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Bertotto:"Squadre penalizzate? Una situazione che non dovrebbe ripetersi"

Bertotto:"Squadre penalizzate? Una situazione che non dovrebbe ripetersi"TMW/TuttoC.com
© foto di Nicola Ianuale/TuttoSalernitana.com
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di Laerte Salvini

Ai microfoni di TMW Radio, nel corso di A Tutta C, l'ex allenatore del Giugliano Valerio Bertotto, si è raccontato a tutto tondo. 

Mister, prima di portarla sul campo, vorrei affrontare un tema diverso. Io vengo dal cinema, ho una laurea in storia e critica del cinema e so che lei ha lanciato una docuserie sulla sua vita professionale, oltre a storytelling sul suo profilo Instagram. Insomma, abbiamo anche un Bertotto in versione cinematografica?

"Intanto grazie dell’imbeccata. Sicuramente è un progetto che avevo in mente da un po’ di tempo e che ho realizzato grazie al contributo di due ragazzi meravigliosi, Verticale Milano, che mi hanno seguito in più giornate. Abbiamo realizzato questo docufilm sulla mia storia, sulla mia vita. Lo trovate sul mio canale YouTube e nelle storytelling del mio Instagram. È una cosa in evoluzione: mi auguro presto di ritrovare il mio lavoro, la mia panchina, e ci saranno altri contenuti che seguiranno la mia vita parallelamente all’aspetto professionale, con storie live e da dentro il campo. È stata ed è una bella esperienza."

È davvero un bel progetto, anche perché troppo spesso si dà per scontato di sapere cosa fa davvero un allenatore. In realtà, quello che si vede sul campo è solo una piccola parte del lavoro, forse neppure la punta dell’iceberg. C’è tutto un mondo dietro che merita di essere raccontato.

"Io penso che chi è appassionato del nostro sport ami conoscere anche il backstage, le storie di un vissuto. Qui si intrecciano la mia carriera da calciatore, fortunatamente ad alti livelli, e quella da allenatore. Raccontiamo la preparazione, ciò che avviene prima di una gara, durante la settimana, nei ritiri, nelle riunioni. È un modo giusto e bello per far conoscere la nostra professione, perché spesso si giudica solo dai 90 minuti. È andata bene? Sei bravo. È andata male? Sei scarso. Ma non è così: dietro c’è un lavoro enorme di staff, squadra e società. La tecnologia oggi può aiutarci a raccontare tutto questo."

Già, perché se l’allenatore vince è bravo, se perde è scarso. In Italia non c’è equilibrio, e spesso gli allenatori sono i capri espiatori di tutto.

"Sono d’accordo, perché è una visione troppo semplicistica. Il calcio è un’azienda: serve programmazione del lavoro e degli obiettivi, fatta da persone serie, capaci e competenti. Solo così si possono limitare gli errori. Tutti li commettiamo, ma se lavori con attenzione e con un obiettivo realistico e coerente con la tua realtà, ci arrivi. Quando invece è tutto improvvisato, succede quello che diceva lei: mancanza di programmazione. Ed è un male, purtroppo in Italia è uno dei punti critici della Serie C."

Quest’anno, almeno finora, non ci sono stati troppi esoneri nelle prime giornate: forse qualcosa sta cambiando.

"Sì, ma resta difficile programmare, anche per le poche risorse economiche. Spesso si tenta l’all-in in una stagione, ma può diventare un boomerang. È vero che in Serie C i soldi non sono quelli di Serie A o B, però proprio quando ce ne sono meno bisogna dare spazio alle competenze e alle idee. Se si riesce a sopperire con queste qualità, il gap si riduce, magari non si annulla, ma si riduce."

Ecco, competenze e idee sono parole chiave. Ma servirebbe anche più rispetto dei ruoli: il DS deve fare il DS, l’allenatore l’allenatore, il presidente deve affidarsi ai professionisti e lasciarli lavorare. Invece spesso c’è confusione.

"Sì, alle volte c’è un po’ di confusione."

Ora però la porto sul campo. Otto giornate sono un primo termometro: nel Girone C Salernitana e Vicenza comandano, nel B c’è il trittico Arezzo-Ravenna-Ascoli, mentre nel Girone A e nel C la classifica è più compatta.

"È vero. Nel Girone B c’è più bagarre, ma per esperienza personale posso dire che il Girone C resta sempre il più difficile. Ci sono realtà come Salernitana, Cosenza, Benevento, Catania, Crotone: piazze con storia e potenzialità enormi. Il Vicenza, invece, ha già creato un primo divario: è una squadra strutturata, solida, e lo sta dimostrando. In questa prima fase del campionato ci sarà da divertirsi."

Accennava al Cosenza, che sorprende tutti. Si aspettava un avvio così?

"È vero che si leggono di difficoltà ambientali, ma la storia e la capacità delle persone contano. L’allenatore Buscè è stato bravissimo a compattare il gruppo, a creare i presupposti per coinvolgere la squadra e la piazza. Sta facendo davvero un gran bel lavoro."

Ricordiamo che Buscè lo scorso anno aveva fatto un grande lavoro anche a Rimini, vincendo la Coppa Italia di Serie C. Quest’anno però la squadra sta vivendo una stagione complicata. Parlando invece dei punti di penalizzazione, sono già 40 in totale, e c’è il rischio che ne arrivino altri: è un problema cronico del campionato.

"Sì, assolutamente. L’anno scorso ci tolsero nove punti, fortunatamente li avevamo guadagnati quasi tutti contro squadre poi penalizzate, ma è chiaro che nove punti cambiano una classifica e influenzano anche la motivazione. È una situazione che non dovrebbe più ripetersi: serve un sistema definitivo che impedisca il ripetersi di questi casi, perché dietro ci sono persone, professionisti e tifosi che vivono di questo movimento. Creare presupposti negativi danneggia tutti."

C’è chi propone di ridurre il numero di squadre in Serie C come soluzione. Lei cosa ne pensa?

"La certezza di cosa vada fatto spetta a chi deve legiferare, ma di alternative ce ne sono. L’importante è concertarle nella maniera migliore. È arrivato il momento di dare una grande svolta al nostro calcio, non solo alla Serie C. Abbiamo bisogno di una spinta positiva, di strutture, di stadi moderni, di settori giovanili funzionanti. Serve ritrovare quell’aura positiva che ci ha sempre contraddistinto, con una componente di modernità che finora è mancata."

A breve ci sarà la pausa per le Nazionali. Se le cose non dovessero andare come speriamo, si rischia una nuova voragine nel sistema calcio italiano.

"Non voglio nemmeno pensare che l’Italia possa restare fuori dalla competizione principale. Sono fiducioso: credo che Rino possa fare bene, spingendo sulle corde giuste e valorizzando i tanti bravi ragazzi italiani, che troppo spesso vengono messi ai margini. Mi auguro che questa sia la spinta verso il cambiamento di cui parlavamo."

La Serie C, peraltro, resta un bacino importante per la Nazionale: molti campioni del 2006 arrivavano da lì, e anche l’attuale tecnico dell’Under 21 ha alle spalle un lungo percorso in Lega Pro.

"Sì, assolutamente. Io ho iniziato la mia carriera di allenatore con le Nazionali di Lega Pro, guidando la 21, la 18 e la 16. È stato un triennio meraviglioso: ho visto passare circa 2500 ragazzi, tanti dei quali oggi giocano in Serie A. Lo racconto anche nel docufilm: il caso più emblematico è Matteo Pessina, che con me giocava nell’Under 18 del Monza ed è diventato campione europeo. Abbiamo tanti talenti, serve solo saperli curare, allevare e valorizzare: è un gioco semplice, ma va fatto bene per generare valore nel nostro calcio."

Forse l’errore dell’Italia è stato crogiolarsi troppo sui vecchi successi, mentre le altre nazioni hanno continuato a crescere.

"Sì, può essere. Ma non c’è nulla di male nell’imparare dagli altri: il segreto è saper mescolare ciò che di buono abbiamo con ciò che funziona altrove. Se resti fermo pensando di essere arrivato, è il momento in cui gli altri ti sorpassano. Serve continuare a migliorarsi, senza perdere la nostra identità ma con la voglia di innovare."