ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente: Edi Bivi

08.07.2012 22:30 di Daniele Mosconi   vedi letture
ESCLUSIVA TLP -   Mi ritorni in mente: Edi Bivi
TMW/TuttoC.com
© foto di Icaro Fotocronache/TuttoLegaPro.com

Esordire in serie A, a venti anni dopo che fino a qualche mese prima giocava in C2 (nel Mestre), non è cosa che capita a tutti. Il destino ha voluto metterlo alla prova, così Edi Bivi, dall'oggi al domani si è trovato catapultato in una realtà più grande, non facendosi trovare impreparato. Catanzaro a quei tempi era una piazza ambita, soprattutto dai giovani, perchè potevano dimostrare il loro valore. Al suo primo anno nella massima serie fece subito 12 gol (arrivando dietro al capocannoniere del campionato, che fu Roberto Pruzzo della Roma) entrando a gamba tesa nel cuore dei tifosi giallorossi, orfani di Massimo "O rei" Palanca, che in quel campionato, stiamo parlando del 1981\82, si trasferì al Napoli.

Per questa 9^ puntata della rubrica redazionale "Mi ritorni in mente" il protagonista è un giocatore che a Catanzaro ricordano con tantissimo affetto. Con lui si è fatto il solito tragitto che facciamo con tutti gli ospiti di questo spazio, targato TuttoLegaPro.com, intervistati come sempre in esclusiva. Si concede con sincerità, senza timori Edi Bivi, carattere parecchio socievole, sempre con il sorriso sulle labbra, ci racconta il calcio di quegli anni e ci spiega le differenze tra quel modo di concepire questo sport a distanza di quasi trenta anni.

Edi, anche a te la domanda canonica. Cosa fai adesso?

"Attualmente sono fermo, ma faccio l'allenatore. La mia ultima panchina è stata a Boville (squadra ciociara che ha militato in serie D. A fine stagione è retrocessa, ma Bivi era già stato esonerato), quest'anno. Un'esperienza abbastanza traumatica".

Traumatica?

"Si, ma non voglio parlarne, cerca di capirmi".

Come impatto non è male, però è solo il ricordo di un'avventura negativa, perchè da questo momento in poi, la sua voce comincia a sorridere e tutto diventa più fluido. Per essere un friulano di Lignano Sabbiadoro, non si direbbe, visto che ama molto conversare, dimostrando una memoria davvero sorprendente. 

Cambiamo argomento: Catanzaro.

"Non per dire le solite banalità, ma trovarmi a venti anni in una piazza che faceva la serie A, davanti a circa ventimila spettatori, è davvero qualcosa di indescrivibile. Fino a qualche settimana prima io giocavo in C2 (con il Mestre), davanti ad un pubblico infinitamente minore di quello che mi trovai ad affrontare sui vari campi del massimo campionato italiano. Gli anni passano, ma il ricordo di quella città non può mai scomparire, anzi ripensandoci assapori meglio ciò che è stato. Se ripenso che alla mia prima stagione feci subito 12 gol, ti rendi conto di quale cosa enorme avevo fatto".

Ci togli una curiosità? Com'erano i difensori allora? Sappiamo che non erano particolarmente gentili.

"E' vero, non erano per niente buoni con noi, anzi erano degli onesti "fabbri" che ti facevano il tagliando ogni volta che ci giocavi contro. Ancora sento i loro tacchetti sulle mie gambe. Allora i difensori non dovevano far altro che impedire all'avversario di segnare, al massimo se proprio dovevano far qualcosa di diverso, dovevano poggiarla al mediano che poi avrebbe fatto partire l'azione. Il loro compito finiva lì. Mentre oggi è tutto diverso, partecipano di più all'azione e sono più coinvolti arrivando anche a segnare parecchi gol, cose che a quei tempi erano davvero rare".

Chi era quello che ricordi con più "dolore"?

"Per la verità ce ne erano tanti, ma tre in particolare: Claudio Gentile della Juventus, Pietro Vierchowod della Sampdoria (quell'anno però giocava nella Fiorentina) e Sergio Bruscolotti del Napoli. Il primo era qualcosa di fenomenale. Sapeva sempre come renderti vulnerabile, ti mostrava la sua cattiveria fin dai primi minuti e sapevi che sarebbe stata una domenica da autentico incubo. La mia giovane età mi faceva vivere la cosa come una sfida e mi divertivo. Avversario si, ma leale. Un po come lo "Zar" (era il soprannome di Vierchowod) con cui ho condiviso grandi battaglie. Questi poi aveva una particolarità: se gli rubavi un metro, magari andandogli via in dribbling, lui non so come faceva, ma riusciva sempre a recuperarti. Quando gli facevi gol contro di loro era una soddisfazione enorme. Mentre Bruscolotti era chiamato "pal e fierr" (palo di ferro). Oltre alle tante dicerie che giravano su quel nomignolo, era davvero tosto come difensore".

Ricordi i compagni di quel Catanzaro?

"Certo certo! Zaninelli in porta, Claudio (Ranieri, ex allenatore di Juventus e Roma) in difesa insieme a Santarini, Peccenini e Salvadori che faceva il terzino sinistro. Mamma quanti ricordi (si sente la sua voce che si emoziona quando ci parla di questi suoi ex compagni). Poi a centrocampo c'era Pierino Braglia (attuale allenatore della Juve Stabia), Massimo Mauro, Celestini, Boscolo, c'ero io e Borghi in attacco. C'era anche Antonio Sabato, il quale poi andò all'Inter, senza dimenticare Sabbadini".

In quella sua prima stagione al Catanzaro, Edi arrivò anche ad essere convocato nei 40 che sarebbero diventati 22 per il mondiale di Spagna '82 (poi vinto dall'Italia).

"A quel tempo era difficile riuscire a scalfire certe gerarchie. Quindi i commissari tecnici portavano con se i blocchi, a quel tempo c'era quello della Juventus. Fu un'enorme soddisfazione il fatto di partecipare a quel raduno pre mondiale. Adesso le cose sono cambiate radicalmente, se penso a quanti giocatori che con un paio di partite buone subito finiscono in nazionale. Io ricordo che quando giocavo, la nazionale la ricordavo a memoria, mentre ora stento a capire chi sono i titolari".

Che ricordo hai di Enzo Bearzot?

"Classico friulano, poche parole, concetti chiari. Persona come poche".

Ci racconti un episodio che porti ancora con te della tua esperienza con la maglia del Catanzaro?

Ci pensa un attimo prima di rispondere. Ci sono molti episodi che ci racconta, ma quello che ricorda con piacere è questo: "Ero arrivato da poche settimane, ed eravamo in Friuli, visto che il presidente del club giallorosso era anch'egli friulano (Adriano Merlo). Il massaggiatore - non ricordo il nome - prese le maglie, lanciandomi la numero undici (quella che era stata di Palanca) e mi disse poche parole: vedi cosa puoi fare con questa maglia. Fu un grande gesto, perchè mi fece assumere una responsabilità non da poco".

La tua gara d'esordio con questa maglia dove fu?

"Al "San Paolo" contro il Napoli. Perdevamo 1-0. A pochi minuti dalla fine l'arbitro ci fischia un rigore a favore. C'erano tanti giocatori esperti in squadra, ma nessuno se la sentiva di tirarlo, così mi proposi io, giovanissimo. Andò bene perchè riuscii a segnare".

Chi c'era in porta nel Napoli?

"Castellini, detto "il giaguaro" per le sue movenze tra i pali".

Raro trovare giocatori del passato con questa memoria. La cosa è divertente, perchè lui ricorda tutto come se l'avesse vissuto ieri.

Parliamo del tuo ritiro dal calcio. Com'è stato?

"Di solito molti giocatori quando arriva quel momento sono preoccupati e lo vivono come un dramma. Io mi ero abituato a piccole dosi, sapendo che prima o poi doveva accadere. Ho sempre vissuto il calcio come una passione e per questo che alla fine l'idea del ritiro era una cosa che faceva parte di me".

Toglici una curiosità: i giocatori erano più fortunati prima con le donne o oggi?

(Ride) "Diciamo che facendo parte di un mondo completamente diverso dalla maggior parte delle persone, sei visto come qualcosa di inarrivabile. La stessa cosa che accade nel mondo dello spettacolo. Puoi essere anche non particolarmente bello, ma attiri come fossi una calamita".

Hai qualche rimpianto?

"Se proprio vogliamo chiamarlo così, credo che ho vissuto la mia carriera pensando troppo poco al vil denaro. Non dico che non contasse, però di certo il fattore economico non era predominante nelle mie scelte. Se vedo com'è cambiato questo mondo, quasi quasi mi rammarico. Però alla fine dei conti, credo di essere soddisfatto di quello che ho fatto. Ho una moglie che mi vuol bene, dei figli meravigliosi, non ci manca nulla, ed è per questo che posso dire che sono contento così".

Il tratto distintivo di questi personaggi che abbiamo intervistato finora, è sicuramente la loro umiltà. Senza, non sarebbero mai diventati quello che sono ora per le proprie tifoserie.

Una vittoria che ricordi con piacere con il Catanzaro?

"Non ci penso due volte, sicuramente l'1-0 con cui condannammo il Milan alla retrocessione in B, a "San Siro". Cross di Mauro ed io la metto dentro. Non ci credevo che avevo fatto gol alla scala del calcio".

Mentre una sconfitta che brucia ancora?

"Quella nell'ultima giornata di campionato contro la Juventus, con i bianconeri che vinsero per 1-0, grazie ad un rigore generoso dato dall'arbitro, che qualche istante prima non ci aveva fischiato un rigore netto a nostro favore. Alla fine la Juve festeggiò lo scudetto al "Ceravolo" contro di noi".

Esisteva davvero la sudditanza psicologica di cui si è sempre dibattuto negli anni?

"Sicuramente avere una maglia di un certo colore, non dico che ti favoriva, ma di certo non ti lesinavano un occhio di riguardo".

Sei più stato a Catanzaro?

"Sono tornato in Calabria dopo 26 anni di assenza. Mi hanno chiamato per rinverdire i fasti del passato. E' stata una serata emozionante, perchè abbiamo vissuto bei momenti insieme ai miei vecchi compagni. La cosa che maggiormente mi ha sorpreso è stata quella di vedere ragazzini che avranno avuto 14-15 anni che mi chiedevano gli autografi. Si, poi c'era la gente che mi veniva incontro e mi abbracciava, davvero una cosa commovente. Certe cose - devo dire la verità - mi sono capitato solo al sud, perchè la passione della gente è sempre particolare".

Cosa non le piace del calcio di oggi?

"C'è troppa quantità andando a discapito della qualità. La regola degli under in Lega Pro, ad esempio, tende a rendere tutto molto raffazzonato, così è più difficile che esca fuori un giocatore di livello superiore".

Ultima domanda: se ti chiamano da Catanzaro?

"Torno a piedi, non me lo faccio ripetere. Ho un debito enorme di gratitudine con quella città".

Appuntamento con la 10^ puntata di "Mi ritorni in mente" domenica 22 luglio 2012